Alterazione del clima: colpa di chi?
Fino a non molto tempo fa gli scienziati erano impegnati soprattutto a capire se le attività umane, in particolare il rilascio nell’atmosfera dei cosiddetti gas serra come l’anidride carbonica e il metano, fossero veramente responsabili dell’alterazione del clima. Ultimamente, l’accumularsi di dati scientifici che confermano questo fatto ha messo tutti d’accordo, e quindi il dibattito si è spostato su un’altra domanda: quanto aumenterà la temperatura media del nostro pianeta nei prossimi anni per effetto dei gas serra e con quali conseguenze? Dalla risposta a questa domanda dipende l’urgenza e la scelta delle azioni da intraprendere per ridurre i rischi. Purtroppo però l’ecosistema Terra si è dimostrato una struttura dinamica così complessa e delicata, che è ancora impossibile giungere a conclusioni chiare e condivise. Si moltiplicano i dibattiti, le teorie (alcune purtroppo interessate solo a fare confusione), e le simulazioni al computer con esiti i più vari, ma i dati empirici sono ancora troppo pochi e contraddittori per poter dare sicure conferme ai modelli. Il risultato è che gli scienziati stessi sono frustrati e impotenti a dare certezze sullo stato reale del cambiamento climatico. I rapporti più seri parlano di un riscaldamento possibile tra 1,5 e 4,5 gradi Celsius: se si verificherà l’aumento inferiore (1,5) saremo fortunati e assisteremo solo ad effetti moderati e sopportabili; nell’altro caso (4,5) subiremo gli esiti catastrofici previsti dai verdi. A questa incertezza si è aggiunta negli ultimi anni una sorpresa: gli studi hanno rivelato che la Terra nella sua storia ha spesso subito oscillazioni climatiche, con bruschi cambiamenti di temperatura anche in pochissimi anni. Nell’ultimo milione di anni, variazioni di temperatura di oltre 10 gradi Celsius in pochi decenni sono state un fenomeno tutt’altro che raro. L’uomo con le sue attività si inserisce quindi in questo contesto già di per sé estremamente dinamico. Al momento attuale non riusciamo a capire nemmeno se il nostro pianeta, per conto suo, cioè indipendentemente dal contributo dell’uomo, sta avviandosi verso una nuova glaciazione o verso un aumento di temperatura. I politici, davanti a modelli e previsioni così differenti, sono stati costretti a scegliere da sé cosa fare, tenendo conto dei loro interessi elettorali e della situazione delle proprie nazioni. Ma almeno su alcune cose fondamentali la stragrande maggioranza degli scienziati è ormai d’accordo, per cui non ci sono scusanti all’inazione. Vediamone alcune: Le attività umane stanno aumentando la temperatura e bisogna ridurre questo impatto al più presto. Un’azione concreta a livello locale diventa più efficace se effettuata a livello nazionale; ma per incidere veramente e rapidamente servono azioni concordate a livellointernazionale e globale. È meglio conservare e proteggere le foreste e le riserve naturali già esistenti nel mondo, che distruggerle e poi fare rimboschimento. La capacità di assorbimento delle emissioni di carbonio nel primo caso è esattamente il doppio. L’aumento della temperatura provoca un aumento della virulenza e della diffusione di parassiti e insetti dannosi per l’uomo e per gli animali. Non esiste una soglia di sicurezza per l’inquinamento ambientale. Ogni persona è sensibile in modo diverso ai danni da sostanze chimiche e agenti fisici. Non solo: una dose di inquinante è più o meno tossica anche in funzione della storia delle esposizioni precedenti della persona a quel rischio, la loro durata ecc. Si può vincere: vedi riduzione del buco di ozono a seguito del calo nella produzione dei composti di cloro concordato a Montreal nel 1987. La più grande fonte di inquinamento è la guerra: la guerra del Golfo, nel 1991, ha provocato il triplicarsi dei casi di tumore in Kuwait e un aumento di malattie neurologiche, asma e allergie. Il 98 per cento del grano e del latte prodotti localmente sono fortemente inquinati da nichel e vanadio. Un’altra cosa importante è ormai chiara: è necessario cambiare le abitudini delle singole persone. Qualcuno ha calcolato che se le famiglie americane proprietarie di un fuoristrada lo cambiassero con una utilitaria poco inquinante, una grossa parte dell’impegno di riduzione dell’inquinamento richiesto agli Stati Uniti potrebbe essere assolta. E da noi, in Italia? Ultimamente ho dovuto sostituire il vecchio rubinetto del lavandino. Alla fine dell’operazione, per provarlo l’ho aperto e subito è sgorgato un grosso fiotto di acqua, tanto che mio figlio di otto anni ha esclamato ammirato: “Bello! “. A me invece è venuto in mente che i rubinetti di oggi non ci aiutano proprio ad agire in modo ecologico, in quanto sono stati pensati per fornire con facilità il massimo di acqua, come se fosse una risorsa infinita. E allo stesso modo tante altre cose che usiamo tutti i giorni. È necessario quindi lanciare grandi campagne di educazione ambientale e informazione ai cittadini del mondo. Per ultimo, un accenno all’aspetto etico della faccenda, forse il più importante per guidare le scelte dei governi: anche se c’è incertezza su quale sia, e quanto vicini siamo, alla soglia di inquinamento per lo scatenarsi delle catastrofi ambientali, il principio di precauzione impone di darsi comunque e subito da fare, senza aspettare di avere tutti i dati precisi e condivisi.