Alma de África, il calcio senza frontiere

A Cadice, in Andalusia, una squadra di calcio composta solo da immigrati provenienti dal continente nero, l'unica ad essere entrata a far parte di un campionato di una Federazione di calcio

Sulle migliaia di partite di calcio che ogni settimana si giocano anche nel nostro Paese, la cronaca di un 2-0 in una cittadina del Sud della Spagna non sarebbe proprio rilevante se non fosse per la composizione della squadra vincitrice. In effetti si fanno chiamare “Alma de África” (anima dell’Africa), e con tale nome si sono registrati l’anno scorso nella competizione della quarta divisione in provincia di Cadice. La squadra è finita al quinto posto su 11, a 15 punti del primo classificato, a 6 punti del secondo e terzo, e a 2 punti del quarto. Un buon score. Con quel risultato quest’anno sono saliti perciò in Terza divisione e, mancando al termine del campionato solo due partite, si sono piazzati anche questa volta al quinto posto della classifica, a solo 3 punti del primo.

Dove sta lo straordinario del fatto sportivo? Probabilmente “Alma de África” è l’unica squadra al mondo composta quasi integramente da immigrati ad essere entrata a far parte di un campionato di una Federazione calcio. Questi giocatori, che in buona parte vivono ancora per la strada, sono arrivati in Spagna nei modi e nelle condizioni consuete che tanti degli immigrati devono patire per arrivare in Europa, avventurandosi nel deserto e poi attraversando il mare, oppure nascosti sotto gli assi di un camion. Sono di 15 diverse nazionalità, dal Marocco al Camerun, e hanno trovato nel linguaggio universale del pallone «una missione: un mondo senza frontiere», come dicono loro.

Pochi tra loro hanno delle condizioni di vita definibili come degne. C’è chi vive nella strada o chi si arrangia vendendo fazzoletti ai semafori, per cui non è strano che talvolta arrivino tardi agli allenamenti, o non arrivino per nulla, perché hanno magari ottenuto un lavoretto all’ultimo momento. Accade anche che qualcuno inizi la partita senza aver fatto colazione, oppure dopo un grande sforzo fisico (un trasloco, ad esempio), o con le scarpe da calcio bucate.

L’artefice e allenatore, Pepe Correa, già giocatore nella seconda divisione nazionale, assicura che questa squadra «ha un’anima» ed è capace di risalire 4 gol in soli 10 minuti, anche se manca loro un po’ di tecnica e disciplina. Pepe, che in certo senso svolge il ruolo di guru del gruppo, un giorno aveva fissato la sua attenzione su quei giovani africani che giocavano con un pallone rimediato su un prato a Jerez de la Frontera (Cadice) e insieme a Jaime Rodríguez, un giovane infermiere, avevano proposto loro di formare una squadra come si deve. E così, con la collaborazione di alcuni sponsor e l’aiuto di professionisti, nacque “Alma de África”.

Alejandro Benítez, il presidente del club, non dubita quando assicura che si tratta di un progetto d’integrazione, perché sono persone alle quali il pallone ha restituito la voglia di vivere. E poi, non hanno mai avuto problemi di razzismo. «Avevamo questo timore», confessa Benítez, ma non è mai accaduto nessun episodio di rifiuto verso questi immigranti nelle diverse partite che hanno giocato finora. Forse la presenza di 5 spagnoli nella squadra aiuta in ciò.

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