«Allo Stato non interessa risolvere il problema della Terra dei fuochi»
Parco Verde di Caivano si trova poco più di 20 chilometri a Nord di Napoli. L’impatto per chi non è mai stato lì è dirompente per l’edilizia popolare nata per l’applicazione della legge 219 del 1981, cosiddetta “post-terremoto” perché dispose, fra le altre cose, la costruzione di alloggi alternativi per gli oltre 280 mila sfollati dall’Irpinia con uno stanziamento di millecinquecento miliardi di lire fuori bilancio che diede il via a una delle più grandi speculazioni edilizie che si ricordi. Il rione è circonstanziato, come un paesino di 6 mila abitanti, tanto da non meritarsi il nome di quartiere. Somiglia al quartiere di San Basilio a Roma vicino alla nostra redazione e di tante altre periferie abbandonate. Gli edifici tutti uguali di colore verde, giallo, arancione abbagliano per i riflessi sugli occhi perché illuminati da una bella giornata di sole. Non ho l’indirizzo esatto e chiedo ad un passante la via della parrocchia di San Paolo. Entro, non senza aver notato che una signora da un balcone di fronte mi controlli a vista e rimanga affacciata tutto il tempo della mia permanenza per osservarmi fino alla mia partenza. È così che si guadagna la giornata, fa la sentinella e quando arriva la polizia intona un bel canto napoletano. Molto meno fastidioso di un allarme. E, soprattutto, non imputabile.
Don Maurizio Patriciello, il parroco noto per le battaglie nella Terra dei fuochi, mi attende nel parcheggio e mi saluta con affetto. La barba incolta, il volto sereno, gli occhi vispi e intelligenti, l’aspetto un po’ stanco. Riceve una telefonata da una nota trasmissione tv a cui non riesce a rispondere. Pochi giorni prima una troupe di Striscia la notizia con Vittorio Brumotti aveva urlato per le strade, con un po’ di eccessiva spettacolarizzazione: «Lasciate i giovani fuori, che futuro avranno così». Alla giusta provocazione con tanto di megafono, auto blindata era seguita l’inevitabile protesta con tanto di macchina presa a bastonate. L’intervento fulmineo di tre volanti dei carabinieri aveva provveduto a mettere tutti in fuga e sedare la rivolta. «È positivo ‒ spiega don Maurizio ‒ che ne abbiamo parlato, ma qui i carabinieri non arrivano mai in modo così fulmineo e numerosi. Sicuramente erano d’accordo».
Anche nel servizio di Striscia Parco Verde di Caivano è definito la più grande piazza d’Europa per lo spaccio della droga perché da Scampia si sarebbe spostato più a Nord. «Ma ‒ commenta ironico don Maurizio ‒ prima o seconda piazza, cosa cambia. La realtà è quella che vedi».
Dobbiamo parlare di un prossimo libro per Città Nuova editrice che narra la storia vera di una giovane coppia di sposi, ma don Maurizio è un fiume in piena: «Allo Stato realmente non interessa risolvere il problema della Terra dei fuochi». Entriamo in Chiesa a ci sediamo su due panche della Chiesa sul lato destro in prossimità dell’altare. Continuamente si volta indietro, controlla l’entrata, come temendo la visita di qualche ospite indesiderato. «Il problema è la libertà ‒ guardando il Tabernacolo ‒ che Gesù ci ha donato».
A pochi chilometri dista la località Taverna del Re, nel comune di Giuliano, che «nel nome evoca un luogo meraviglioso che il Re visitava» e ora ospita un sito di stoccaggio, vasto come 360 campi di calcio, dove sono accatastate tra le 6 e le 7 milioni di ecoballe da una tonnellata ciascuna. «Visto dall’alto ‒ osserva don Maurizio ‒ sembra un cimitero di ciclopi».
A fine del 2015 veniva pubblicato il Bando che prevedeva la rimozione di ottocentomila tonnellate di ecoballe. I lavori non cominciano prima di maggio del 2016 e il primo container verso l’estero non parte prima di ottobre del 2016. Ma non tutto procede come previsto, nel marzo del 2017 la discarica è andata in fiamme e non tutti i Paesi esteri, una volta esaminata i reali materiali contenuti nelle ecoballe si sono rifiutati di riceverli.
«Il problema della Terra dei fuochi ‒ spiega don Maurizio ‒ è che spesso i rifiuti scaturiscono da attività economiche illegali. I prodotti vengono dal lavoro nero e gli scarti diventano illegali e illegalmente vanno smaltiti. È un cane che si morde la coda».
«Lo stesso è per lo spaccio di droga – continua don Maurizio – lo Stato fa poco o nulla per contrastarlo perché sa che le famiglie in questo periodo di crisi economica morirebbero di fame». E non interviene.
Don Maurizio si alza, entra in sacrestia e torna con una risma di fogli in cui c’è il timbro della parrocchia e una richiesta, da lui scritta, ad un supermercato del rione per concedere di far fare una spesa di 100 euro ad una famiglia. Poi lui passerà e pagherà. Nell’altra mano una mazzetta di bollette da pagare. «Sono contento quando vengono le famiglie povere, perché quando non tornano più si vede che hanno trovato i soldi per campare. Ma sono i soldi della malavita».
Un sistema a cui non c’è scampo. «Se ad un affiliato della criminalità arriva una richiesta di uccidere il suo migliore amico, lo deve fare, anche a malincuore, altrimenti lui sarà ucciso. Per potersi fidare di un affiliato, deve essere ricattabile. Se uccide lo diventa». Come già è accaduto in tanti casi e accadrà ancora, anche a Caivano. Vivere o morire a Parco Verde è un attimo.
Sopraggiunge una telefonata della cognata. È atteso per il pranzo.
In una campagna elettorale segnata da promesse irrealizzabili, da disquisizioni su tanti temi inutili, vorremo più sentire argomentare, fare proposte reali su temi come: il lavoro per tutti, la lotta alla criminalità, la fuga dei giovani all’estero, il sostegno ai poveri e alla famiglia, l’ambiente. È quello che si meritano gli italiani e la gente onesta di Parco Verde di Caivano che subisce il male e rasenta l’eroismo pur di vivere il bene. «Anche perché quando lo Stato c’è, la criminalità scappa».