Allerta rossa per la democrazia in Venezuela

Il massimo organo del potere giudiziario ha avocato a sé le funzioni del potere legislativo, controllato dall'opposizione, con una sentenza che non cita un solo articolo della Costituzione che possa giustificarla in qualche modo.

La situazione in Venezuela sta prendendo una piega preoccupante. Se finora si stava cercando di muovere le acque per ripristinare il dialogo tra governo e opposizione – che ha la maggioranza nel parlamento unicamerale -, la sentenza emessa ieri dal Supremo tribunale di sospendere le attribuzioni del Parlamento ed assumerle fino a che permanga lo stato di inottemperanza dell’Assemblea legislativa, è un grave attentato all’ordine democratico che potrebbe far precipitare la situazione ed imboccare un tunnel dal quale è difficile prevedere la via d’uscita.

La risoluzione del Supremo tribunale, tra l’altro, è stata emessa senza che nessuna norma della Costituzione preveda un caso del genere, né che sia istituita una gerarchia tra i poteri dello Stato. Viene da chiedersi se anche il potere esecutivo o quello elettorale o quello cittadino (le disposizioni costituzionali riconoscono che i poteri dello Stato sono cinque), non possano fare lo stesso. Il che supporrebbe il caos istituzionale.

Tra l’altro, la decisione è stata fatta conoscere in un comunicato nel quale si dichiara disobbediente il parlamento per non aver adempiuto alle funzioni previste per la modifica del regime di alcune attivitá in materia di idrocarburi. Come dire che un provvedimento del genere c’entra come i cavoli a merenda.

Martedí scorso, 20 Paesi membri della Organizzazione degli Stati americani (Osa) avevano votato un documento nel quale, in modo abbastanza vago, si invitava l’organismo a spendere i suoi buoni uffici per cercare di ricomporre lo scontro istituzionale in atto in Venezuela – da quanto l’opposizione ha conquistato elettoralmente la maggioranza assoluta in parlamento -. Lo scontro tra governo (appoggiato dalla giustizia e dal potere elettorale) e il potere legislativo ha portato infatti a una situazione bloccata nella quale nè il “chavismo”, nè l’opposizione riescono a superare posizioni irriconciliabili profetizzando conseguenze apocalittiche nel caso che l’uno o l’altra prevalgano definitivamente.
Per il segretario generale della Osa, Luis Almagro, esistono gli estremi per l’appliazione della “clausola democratica” che prevede la sospensione di un Paese membro nel caso si interrompa l’ordine democratico. Almagro sostiene che gli ostacoli frapposti per impedire un referendum sulla continuità del mandato del presidente Nicolás Maduro, la sospensione delle elezioni locali, la dichiarazione di nullitá di tutti gli atti del potere legislativo, applicata del Supremo tribunale e la presenza di prigionieri politici configura gli estremi per applicare tale sanzione. Ma finora era dubbioso se sarebbero stati ottenuti i voti necessari per applicarla. Gran parte della regione era propensa piuttosto a dare al dialogo tra le parti nuove chance.

La sentenza del Supremo tribunale di ieri pare proprio confermare che, invece, si sia di fronte a una negazione di elementi fondamentali dello stato di diritto. Il tutto nel mezzo di una crisi economica e sociale dai risvolti drammatici. L’inflazione è praticamente fuori controllo (siamo nell’ordine del 700%), scarseggiano beni di consumo di ogni tipo e specialmente le medicine. Il governo chavista non ha consentito l’arrivo di derrate di beni di prima necessità, mentre la delinquenza spadroneggia per le strade delle grandi città, tra le più insicure del pianeta. Il Perù ha ritirato il suo ambasciatore, il Cile manifesta preoccupazione. L’Argentina attraverso il suo presidente, Macri, ha fatto appello a ricomporre l’ordine democratico e per il segretario generale Almagro siamo di fronte a un “auto colpo di Stato”. Anche Usa e Unione europea hanno condannato la decisione presa dalla giustizia.

D’altro canto, sono veramente scarsi i risultati ottenuti dagli sforzi di mediazione prodotti da un trio composti da ex presidenti della regione e dall’ex capo di governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, insieme alla Unasur ed alla Santa Sede. La costituzione di un ambito di dialogo ufficiale non ha potuto condurre alla ragione le parti, ciascuna convinta che l’altro sia il male assoluto.

È difficile prevedere gli sviluppi di una crisi che sta avvolgendo il Paese in un clima poco respirabile, polarizzato oltre ogni limite e scosso dal permanente disagio della popolazione e da un sistema democratico che appare fuori rotta mentre il governo non pare sappia che pesci pigliare. Se non si recupera un minimo di senso dello Stato e del bene comune, il futuro non promette niente di buono.

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