Alle prese con la coscienza

Articolo

Cambiare i cuori “Mi pare che questa iniziativa sia prima di tutto una presa di coscienza dei limiti della politica. Col digiuno ci si rivolge a Dio chiedendogli il dono della pace che nasce dalla conversione dei cuori. Preghiamo che Dio cambi il cuore di Saddam Hussein perché senza un cambiamento drammatico dell’atteggiamento del governo iracheno la pace non è possibile. Preghiamo Dio che cambi anche il nostro cuore, perché non bisogna mai essere troppo sicuri di avere tutte le ragioni, e neppure di avere fatto tutto quello che si può e si deve fare per salvare il bene della pace”. On. Rocco Buttiglione, ministro per le Politiche comunitarie. Uno stile per la politica “Questo momento di riflessione serve per poter tradurre l’aspetto culturale e spirituale in un’indicazione pratica, in un aprirsi agli orizzonti più ampi della fraternità, che ha bisogno di gesti concreti; per essere così testimoni di una pace non solo dichiarata e desiderata, ma vissuta nell’azione. In Parlamento questi gesti possono avere ricadute molto ampie. Una giornata come questa diventa molto significativa, perché è occasione per vivere realmente e autenticamente – al di là delle appartenenze politiche – in un clima di unità e di pace. “Siamo qui come uomini, ma anche come uomini delle istituzioni, e non solo di una parte politica. Una testimonianza silenziosa, perché dobbiamo – prima di tutto – esercitarci a vivere i valori di cui parliamo. “La presenza dei colleghi è stata abbastanza numerosa; ma non importa il numero: quando siamo partiti eravamo in pochissimi. E oggi si è riusciti a comunicare uno stile di vita, un modo di intendere l’impegno politico”. On. Massimo Grillo, Udc. La fraternità che cresce “Ho sentito molto vicine alla realtà che stiamo vivendo oggi le parole di Martin Luther King. Un sogno che esprime ciò che abbiamo vissuto oggi, e che è stato pronunciato con tre diverse parole: shalom, salam, pace; tre termini per lo stesso concetto. L’incontro di oggi vuole riassumere questi tre termini in un impegno, nelle scelte che ci attendono nei prossimi giorni, e che riguardano sia i cittadini, sia la comunità che agisce dentro le istituzioni. “Il nostro impegno non finisce con questa ora di meditazione. Quando abbiamo proposto l’iniziativa di oggi – durante l’ultimo incontro dei politici fatto nella sala dei Bergamaschi qui a Roma – abbiamo anche deciso di portare il nostro desiderio di pace agli ambasciatori, sia statunitense e iracheno, sia a quelli dei 16 paesi dell’Unione europea: una nostra delegazione andrà da loro e spiegherà quello che abbiamo vissuto qui. Io personalmente, ma credo anche tutti noi del Movimento per l’unità, non viviamo questi momenti come staccati dalla nostra vita politica: ne sono parte integrante; non sempre riusciamo a rendere concreta la nostra intenzione, ma altre volte riusciamo a rendere concreta la fraternità, a renderla presente nelle leggi che approviamo. Quando passa un emendamento che abbiamo discusso, per esempio, fra due senatori di diversi schieramenti ma aventi questo stesso ideale, io lo considero un grande momento di fraternità concreta. L’esperienza di oggi non è un rito e non è nata per caso: c’è stata perché esiste un cammino di fraternità in corso”. Sen. Emanuela Baio Dossi, Margherita. Ribaltare la prospettiva “È stato un momento di vera e alta meditazione, che ha colto appieno l’invito del Santo Padre rivolto, come è noto, a tutti gli uomini di buona volontà. Sia le lettura delle testimonianze di uomini e donne che hanno dedicato sé stessi alla costruzione della pace, sia le riflessioni dei rappresentanti delle religioni hanno contribuito a fare comprendere che la testimonianza di ognuno di noi, anche col digiuno, dev’essere attiva. Bisognerebbe poi chiederci come mai siamo capaci di esprimerci con parole tanto alte e concordi e poi, nel momento in cui saremo chiamati alla decisione, ci divideremo: c’è qualcosa che non funziona. Ed è probabilmente quell’elemento che ci porta a considerare utopiche le parole del Santo Padre. Questa separazione fra predicazione e realtà dobbiamo cominciare a combatterla. “La frase “se vuoi la pace prepara la guerra” era già vecchia 2 mila anni fa. Persone come Gandhi e Luther King, che avrebbero benissimo potuto rispondere con la violenza a quello che hanno subito, hanno dimostrato che la non violenza, anche nei confronti del violento, può essere un’arma invincibile. Forse bisognerebbe ribaltare la nostra prospettiva “. Sen. Willer Bordon, capogruppo della Margherita al Senato.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons