Alle Filippine serve ogni barlume di speranza
Ho davanti ai miei occhi la tragedia. È la prima volta nella vita che mi trovo di fronte ad una tale desolazione. Sto cercando di cogliere ogni barlume di speranza ed ogni buona notizia: bambini partoriti in condizioni sicure nonostante il caos e l’illegalità; famiglie che si erano disperse dopo che i temporali e le mareggiate avevano inghiottito le loro case ed ora si ricongiungono; persone che si aiutano e si confortano l’una con l’altra anche se non hanno nulla da mangiare. C’è urgente bisogno di cibo, acqua e alloggi. Si sta assistendo a un vero e proprio esodo dalle province di Leyte e Samar, tremendamente colpite dal tifone. Nel mentre il governo e la comunità internazionale sembrano impotenti e non riescono a far arrivare gli aiuti: le isole e i villaggi sono troppo difficili da raggiungere. Le vie di comunicazione e l’energia elettrica in alcune zone non sono ancora state ripristinate.
Ho appena ricevuto un messaggio da Maria Liza Jorda, membro del Movimento dei Focolari, che è riuscita a lasciare Tacloban soltanto ieri. Dice: «Sono arrivata a Cebu questa mattina dopo essere sopravvissuta al tifone Yolanda-Haiyan. Ho una storia da raccontare, una storia che conferma la mia fede in Dio. La sua provvidenza mi ha sostenuta durante la tempesta mentre lottavo per sopravvivere con la mia famiglia. Siamo tutti vivi. Mi sono resa conto che la vita è preziosa e breve. Ringrazio Dio per avermi dato un’altra possibilità di vivere. Ora so che cosa significa trovarsi nel bisogno: non sappiamo quanto dureranno le nostre scorte di cibo e di acqua e le noci di cocco cadute dagli alberi sono diventate la nostra unica fonte d’acqua.
Avevo costruito la mia vita a Tacloban e a Tanauan, dove vivevo. Ora la città e il mio paese sono ridotti a macerie. Sono ancora sotto shock, e sto cercando di capire come possiamo risollevarci da una distruzione tanto devastante. Ricordo quando, mentre stavo fuggendo a piedi con il resto dei sopravvissuti, l’esercito stava prendendo il controllo della città saccheggiata dalla gente affamata. Mi sono resa conto che la mia disperazione e quella degli altri derivava dal fatto che nessuna delle persone inviate dal governo aveva fatto qualcosa per calmare e rassicurare la gente: ci guardavano soltanto. Ci aspettavamo qualche comunicazione via megafono, qualche direttiva per dirci che cosa fare e rassicurarci sul fatto che gli aiuti stavano arrivando. Invece non è successo niente: molti hanno perso il controllo e hanno iniziato a saccheggiare i negozi. Era spaventoso vedere la gente perdere la ragione. Ora che sono al sicuro qui a Cebu non posso che pensare agli amici rimasti indietro. Voglio tornare per portar loro gli aiuti che stanno aspettando».
Tacloban, la città di Maria Liza, è stata quella più colpita. È lì che sono avvenuti i grandi saccheggi, è lì che centinaia di cadaveri giacevano sulle strade. Oggi le autorità locali hanno deciso di seppellirne 200, ma la gente ne sta portando in strada altri. Diverse zone di Samar e Leyte sono ancora molto difficili da raggiungere, perché le strade e i ponti sono distrutti. I trasporti e le comunicazioni sono ancora molto difficili. Alcuni membri dei Focolari hanno raggiunto Tacloban per distribuire aiuti ieri sera e al momento stanno ancora continuando la consegna.
Si teme che i morti siano 10 mila. Le Filippine hanno davvero bisogno di aiuto: dall’Onu, dalla comunità internazionale e dai media. Un aiuto per gestire la situazione dato che il governo filippino è ancora molto debole: si sta ancora riprendendo dalle operazioni di soccorso alle vittime del terremoto a Bohol il mese scorso, dal conflitto con gli insurrezionalisti musulmani a Zamboanga lo scorso settembre e dalla sfiducia della gente a causa degli episodi di corruzione.
Traduzione di Chiara Andreola