Allarme stupri di gruppo, le reti sociali alla carica
«In Brasile, ogni 11 minuti viene stuprata una donna. E non è mai colpa sua».
Se la prima parte di questa affermazione, gridata da un megafono in un corteo, sorprende per la quantità di delitti consumati, la seconda lascia perplessi. Non è forse ovvio?
Pare di no. Allo shock che ha colpito l’opinione pubblica per due stupri collettivi di minorenni avvenuti a fine maggio a Rio de Janeiro e nello stato del Piauí, aggravati nel primo caso per l’ostentazione orgogliosa del fatto attraverso un video “virale”, è seguita una seconda “scossa”: le numerose reazioni espresse sulle reti sociali secondo le quali, sostanzialmente, le vittime se la sarebbero “cercata”. Se vai vestita così a feste dove si ballano sensualmente canzoni strapiene di doppi sensi, tra alcol e droghe… Beh… in fondo è colpa tua.
I fatti
Il 25 maggio, una telefonata di un vicino ha riunito la famiglia di una madre sedicenne attorno al computer. Le immagini delle minorenne incosciente e insanguinata, con alcuni giovani che scherzavano sull’abuso ad opera di 30 uomini, ha sconvolto il Paese. La vittima ha poi dichiarato alla stampa che nei tre lunghi interrogatori della polizia si è sentita incolpata dagli ufficiali: «Mi chiedevano che cosa stavo facendo lì e se avevo partecipato prima di allora a sessioni di sesso in gruppo. Come se fosse colpa mia che mi avessero violentata!». La giovane ha scelto allora di non rispondere più alle domande, e il commissario Alessandro Thiers, in seguito all’indignazione popolare, è stato destituito dalla responsabilità delle indagini.
Con la “viralizzazione” del video, si sono scatenati commenti di ogni tipo su facebook e twitter.
Intanto, il giorno dopo, è venuta alle luce una nuova violenza verso una diciassettenne da parte di quattro minorenni e diciottenne nello Stato di Piauí, in una zona non lontana da quella in cui l’anno scorso quattro liceali che stavano facendo foto in una favela per un compito a casa furono violentate da altrettanti coetanei, guidati da un uomo di 43 anni e poi gettate da un’altezza di dieci metri, con la conseguente morte di una vittima.
Come reazione a questi fatti, le ong del settore si sono mobilitate e, oltre a un corteo di mezzo milione di persone a San Paolo, e all’attivazione delle indagini (nella maggioranza dei casi la vittima non denuncia per poca fiducia nella Polizia, per vergogna, stigmatizzazione o paura di rappresaglie), si sono fatti sentire gli esperti in materia.
Le reazioni
L’avvocata Verônica de Paula e il commissario e docente universitario Eduardo Cabette hanno parlato di una loro pubblicazione del 2013, intitolata “Delitto di stupro: fino a quando giudicheremo le vittime?”. «All’inizio del XXI secolo, le donne sono ancora giudicate come nel Medioevo», e secondo l’autrice, buona parte della società brasiliana si aspetta da una donna un comportamento “corretto”: dev’essere sposata, prendersi cura del marito e dei figli. Altrimenti, è sospetta e si espone ad essere trattata praticamente alla stregua di una prostituta.
Lo studio citato compara due casi accaduti nel 2012, uno in Brasile ed uno in India. Nello stato brasiliano di Bahia, due adolescenti (16 anni) furono stuprate dai sei ragazzi di una banda di samba. In seguito, ci furono proteste per l’arresto dei ragazzi e le vittime furono minacciate di morte e dovettero entrare nell’apposito programma di protezione della polizia, così come la sedicenne di Rio de Janeiro che probabilmente dovrà cambiare identità e lasciare la città.
L’altro caso è quello di una ragazza di 23 anni che fu abbordata e violentata da un gruppo sull’autobus, di ritorno dall’università, e che morì a causa delle ferite. La risposta della società, qui fu molto diversa: i delinquenti si salvarono a malapena dal linciaggio pubblico.
La differenza? La ragazza indiana era socialmente impeccabile: studente, di classe media e vestita in modo decoroso. Le bahiane erano abitanti di una favela, vestivano in modo molto succinto ed erano andate a una festa molto “popolare”, dove si balla e ci si ubriaca con frequenza.
I numeri
Grazie alla legge 12.015/09 ora sono punibili come stupro non solo l’atto in sé, ma anche altri atti lesivi della dignità della persona e persino la registrazione e la diffusione video delle immagini di violenza.
Negli ultimi anni le denunce di stupri sono cresciute esponenzialmente, fino alle attuali 53.000, ma per gli esperti, sono oltre 500.000 i delitti o i tentativi di violenza sessuale nel Paese.
La scarsità di denunce si deve in parte, oltre ai motivi già segnalati, al fatto che il 70% delle violenze è perpetrato da persone del circolo familiare o di conoscenze delle vittime.