Allah e i bimbi autistici
È un personaggio fuori dal comune. Settantatreenne, da anni si sente investita dal compito di portare conforto ai suoi simili, non come un volontariato, ma come una vera e propria missione divina che Allah le avrebbe ispirato. Ha fondato perciò la fondazione I·nsan Dost Ihsan Vakfi, la cui principale opera è una scuola per bambini autistici, l’unica esistente in Turchia. Ecco Sabahat Aksiray. La cittadella nella conca Mi reco ad una trentina di chilometri a nord di Smirne, a Menemen, in una conca brulla, dove a Sabahat è stata donata dalla provincia un ampio terreno, nel quale desidera costruire non solo la scuola ma anche altre costruzioni, più legate agli scopi spirituali della sua fondazione. Ad accompagnare me e la traduttrice si è offerto un aitante uomo sorridente sulla cinquantina appena passata, Ceyhan Özkavalcioglu, di professione pensionato. Benestante, era commerciante di frutta e verdura; ma ha ceduto la sua attività ai suoi impiegati per dedicarsi anima e corpo alla fondazione. Da sempre aveva una domanda in cuore: Perché c’è chi va in inferno e chi invece in paradiso? . Incontrando un fioraio aderente della fondazione, ha ricevuto un biglietto in cui era scritto che chi si allontanava da Dio si dirigeva da solo verso l’inferno, mentre chi gli si avvicinava trovava il paradiso. Da quel momento ha deciso di impegnarsi con Sabahat. Ceyhan ci tiene a sottolineare come l’interpretazione del Corano sia spesso deficitaria: Perché ad esempio – mi spiega – si condanna solo l’adulterio della donna? Nel Corano, appena prima di quel versetto, ce n’è uno che invece rifiuta anche l’adulterio dell’uomo!. La squisita accoglienza di queste parti ci offre il primo di una lunga serie di çay, come qui chiamano il tè. Assieme anche al direttore del centro, Saadettin Akg? i, si parla a lungo di Mevlâna e Yunus Emre, grandi mistici dell’Islam sufi. Afferma Sabahat: Quando Mevlâna morì, al suo funerale parteciparono anche cristiani ed ebrei. Egli diceva di avere amici in 72 paesi, un po’ come voi dei Focolari. E anch’io vedo che riesco a farmi amici ovunque, anche tra ebrei e cristiani. Mi racconta della sua famiglia: orfana di entrambi i genitori già a tre anni, Sabahat ha quindi fatto la madre di famiglia fino al matrimonio dei tre figli, prima di cominciare ad occuparsi di volontariato e di scoprire Mevlâna e Yunus Emre e la loro visione dell’uomo. Lamenta – e lo farà spesso nel corso della giornata – la scarsa conoscenza del Corano, dovuta all’obbligo della lettura in arabo. Leggendolo in turco – dice – mi sono avvicinata a Dio, e ho capito che esso viene da Dio. Ma anche la natura e l’universo sono libri di Dio. Nulla di male può venire da Dio, nessuna superstizione, nessuna credenza astrologica. Tutto il negativo viene solo dall’uomo. Il Corano mi ha insegnato che devo amare l’uomo. Al teatro di Efeso Chiedo a Sabahat come sia cominciata la sua avventura. Sorride, poi risponde: Tutto è cominciato dall’anno Unesco dedicato a Yunus Emre. Era il 1991. Per ricordare il suo pensiero, ho organizzato in sei mesi una grande manifestazione artistico- culturale nel teatro di Efeso, al quale hanno partecipato più di 26 mila persone. L’incasso della serata, venuto dal popolo, doveva tornare al popolo. In quel periodo venni a sapere che nessuno si occupava di bambini autistici, che solo a Izmir sono più di 500. Ho redatto il progetto, che ha avuto l’appoggio non solo di tanti amici musulmani, ma anche dei cristiani, grazie alla Caritas e al Vaticano, che mi hanno versato una cospicua somma. Anche la municipalità di Smirne si è data da fare, e ora offre gratis gli autobus che ogni giorno portano e riprendono i bambini fin qui dal centro della città. E lo stato paga i 44 insegnanti, per 63 bambini che non pagano, perché le famiglie da cui provengono sono povere. Chiedo lumi sulla pedagogia della scuola. Non è il mio campo – si schermisce Sabahat -, ma posso dire che tutte le terapie vengono svolte secondo un principio di attenzione e di amore per i bambini . L’intervista si svolge nell’atrio assolato di un edificio definito centro di congressi. Sin dall’inizio – specifica Sabahat – abbiamo capito che bisognava educare anche i genitori. E che si doveva allargare il cerchio di coloro che si interessano al problema. L’attività di questo centro è solo uno dei campi in cui ci impegniamo con la nostra fondazione, che vuole essere solo al servizio dell’uomo. Si lavora per l’alfabetizzazione, negli ospedali, negli orfanotrofi, negli ospizi. In quest’azione la collaborazione con i cristiani, in particolare attraverso la Caritas Turchia, è ben avviata: Tutti siamo fratelli! Secondo me, il mondo è come una foresta, in cui tutti gli alberi si fanno ombra a vicenda a seconda dei momenti, all’alba o al tramonto. Essi sono sempre in comunicazione tra di loro, vivono l’uno per l’altro. Così è l’umanità. Si avvicina la fine dell’intervista: Dio mi dice: non amo chi sta fermo, ma chi è in movimento. L’amore di Dio va vissuto, perché vi sia pace in terra: i terroristi sono uomini dal cui cuore Dio ha ritirato il suo amore. Quindi la visita al centro, fornito di numerosi locali, perché i bambini autistici hanno spesso bisogno di insegnanti personalizzati. Negli insegnanti, quasi tutti giovani – tra di loro vi sono anche una decina di studenti universitari -, si coglie un sorriso contagioso, una serenità che non sempre si trovano in persone che svolgono un lavoro così impegnativo. Vengono sviluppate anche le terapie con gli animali, in particolare con un cavallo che pare faccia compiere passi da gigante a tanti ragazzi, e con la piscina. E Sabahat non vuole fermarsi qui: il suo sogno è di iniziare la migliore terapia che ci sia per gli autistici, e cioè quella coi delfini. C’è da credere che riuscirà nel suo intento, con la volontà di ferro che si ritrova, nonostante i suoi 73 anni. Passati. La sera, a meditar di Dio La serata mi porta in un locale appena dietro il lungomare, nel quartiere che una volta fu armeno e greco, fino all’incendio distruttivo del 1922. Qui ha la sua sede la fondazione di Sabahat Aks¸iray. L’accoglienza è delle più calorose; c’è aria di famiglia nel grande locale, dove sono allineate delle sedie di velluto rosso, attorno a un tavolo di cristallo sorretto da una struttura metallica che ingloba un grande otre di terracotta di squisita fattura. Un uomo sulla cinquantina mi squadra: Voi avete il papa, noi abbiamo Maria, mi fa soddisfatto, alludendo alla casetta di Efeso, nella quale si suppone che la Madonna abbia vissuto i suoi ultimi anni. Chiedo ad un commerciante sulla quarantina, volitivo e nel contempo profondo, perché sia qui. Riflette a lungo, poi sillaba le parole: Fin da piccolo chiedevo a Dio: perché siamo su questa terra? Durante il primo anno di università ho saputo di Sabahat e ho voluto conoscerla. Entrato nella sala, la domanda di sempre mi assillava. Sono uscito avendo la risposta. L’incontro comincia in modo informale, con battute e accoglienza dei ritardatari, in una confusione guidata che culmina in una preghiera. Poi si presentano i nuovi arrivati, si dà qualche annuncio, si fa una colletta per aiutare le famiglie meno favorite, viene lette la corrispondenza, tra cui una lettera del primo ministro Erdog?an, che augura ogni bene per le attività della fondazione. Infine vengo presentato io, ospite d’onore della serata, assieme alla traduttrice. Sabahat dice: Dopo l’intervista di oggi sono ripartita molto felice. Abbiamo costruito tra noi un’amicizia nata dallo studio dei nostri filosofi, dalla familiarità con i saggi dell’Anatolia. Ebbene, questa stessa amicizia io l’ho ritrovata oggi anche con te, ospite cristiano. Né noi, né voi ci aspettavamo nulla dall’altro, ma eravamo nella disposizione di amarci come fratelli. Ci siamo capiti. Quindi arriva il momento clou della serata: Sabahat parlerà dal cuore. Chiude gli occhi, si concentra, prende una voce dai toni misteriosi, flebile e nel contempo convinta. Detta una sorta di poesia che i presenti annotano sui loro quaderni. Dice: Ho visto la bellezza di Dio in tutto, dopo averlo cercato. Gli ho chiesto di farmi vedere la via per arrivare a lui. Mi ha risposto: Sulla strada in cui cammini, non hai trovato quello che cercavi? Non ti sei riempita d’amore camminando? Non sei nata alla luce dell’amore? Parlando con Mevlâna, condividendo con lui i favori mistici, con Meryem, con Fatma, non hai trovato la conoscenza? Nel sole e nella luna, nelle stelle e nell’acqua, da Adamo fino a Maometto, non ti hanno tutti aiutata? Non sono io quello che cercavi e quello che hai trovato? Se non sei nell’eternità, non sai quello che cerchi. In ogni uomo c’è il desiderio di stare vicino all’altro, di condividere tutto. Guarda al passato, guarda alle rose che nascono nell’anima. Il mio amore al prossimo deve sempre restare. Islam vuol dire amore e pace Una volta terminata l’illuminazione, spiega: Dio l’ho trovato nei mistici, ma soprattutto nell’amore del prossimo . È un’affermazione che colpisce, e che per l’Islam non è così usuale. Sabahat insiste: Quello che Dio mi suggerisce non è per me, ma per gli altri. Amando le creature io non mi stanco, mi sento nel positivo, come stasera con voi, coi quali sento un’intesa molto particolare. È per questo che ho parlato così. E conclude: Cosa significa la parola Islam? Amore, pace e fiducia. Ma pochi lo sanno. Vuol dire: sei colmo di pace, amore e fiducia, e che confidi solo in Dio. E invece tanti leggono il Corano come un libro scritto contro i cristiani! Che menzogne!.