Alla scuola di William Forsythe
È un turbinio di energia cinetica, di pura danza. Che è musica visiva. All’iniziale cinguettio di uccelli subentra il silenzio assoluto, rotto dal respiro dei danzatori. Solo poche note atonali – brevi estratti da Natura pieces from piano di Morton Fieldman – sottendono ai duetti giocosi, ironici, meccanici, dei 7 interpreti impegnati nella prima parte di A Quiet Evening of Dance di William Forsythe. Sono brevi pezzi del corpus di opere – Dialogue, Catalogue, e Prologue – assemblati dal coreografo e affidati a danzatori dalla lunga esperienza con quel suo vocabolario che ha rivoluzionato i codici della danza accademica.
Forsythe, sappiamo, sperimentatore a oltranza, proveniente da una ferrea scuola balanchiniana, ha lavorato dal di dentro il balletto classico decostruendone il linguaggio e ricomponendolo su linee di movimento originati da punti inattesi del corpo, contribuendo così a mutare radicalmente il modo di creare, pensare e strutturare il movimento e la coreografia. La prima parte di A Quiet Evening of Dance è un catalogo corporeo disegnato dal ritmo e dall’energia di tutte le articolazioni – ginocchia, gomiti, polsi, spalle, punte dei piedi – impegnate nella destrutturazione delle posizioni del balletto classico reinterpretato nelle sue innumerevoli varianti. Posture che si dissolvono e s’impennano, deviano le traiettorie, sciolgono la loro tensione in nuovi equilibri.
Le coppie, tra entrate e uscite continue, disegnano linee ardite nello spazio spoglio, imprimendo un virtuosismo che ben si manifesta verso il finale della prima parte con la ripresa di un duetto del 2015, Dialogue, con i due interpreti maschili (originariamente pensato al femminile) che riprendono i movimenti l’uno dell’altro con gesti rapidi e complessi. Prima però avrà visto altri dialoghi raccolti nel trittico iniziale suddiviso in Prologue/Catalogue/Epilogue. In quest’ultimo si mette in mostra un sorprendente danzatore, l’hip hopper Rauf “Rubber Legz” Yasit, che contorce il corpo, a terra e in piedi, in spericolate contaminazioni di hip-hop e breakdance, mentre avvolge e intreccia le braccia dentro le gambe, attorno alla testa, con una velocità e complessità mozzafiato.
Alla prima parte, troppo cerebrale ma sicuramente fantasiosa nella struttura, subentra la seconda, Seventeen/Twenty One, immersa nella musica barocca di Jean-Philippe Rameau. In t-shirt e canotte di diversi colori, e con lunghi guanti da sera dalle tinte accese che evidenziano tutta una serie di contrappunti delle braccia nel fluire dei movimenti del corpo, i danzatori brillano di una leggerezza esemplare nella teatralità dell’insieme. Sono duetti, terzetti, ensemble, che mescola con naturalezza e ironia stili e tecniche che mutano dal puro neoclassico al moderno popping con le contrazioni e vibrazioni tipiche, all’improvvisazione, al locking, e a tutta una gamma di movimenti ariosi, intrecciati, pulsanti, dove c’è spazio per il singolo osservato a turno dal resto gruppo. Immaginando una sorta di neobarocco Forsythe rielabora in maniera contemporanea le danze di corte con una stratificazione di segni ancora una volta geniale nel rendere visivo il ritmo interno della musica e la comunione dei segni.
“A Quiet Evening of Dance”, di William Forsythe
Lighting Design Tanja Rühl and William Forsythe, disegno costumi Dorothee Merg e William Forsythe, sound design Niels Lanza, Lighting Design Tanja Rühl e William Forsythe
Danzatori: Brigel Gjoka, Jill Johnson, Christopher Roman, Parvaneh Scharafali, Riley Watts, Rauf “RubberLegz“ Yasit, Ander Zabala.
Una produzione Sadler’s Wells London, coproduzione Théâtre de la Ville, Paris; Théâtre du Châtelet, Paris; Festival d’Automne à Paris; Festival Montpellier Danse 2019; Les Théâtres de la Ville de Luxembourg; The Shed, New York; Onassis Cultural Centre, Athens; deSingel international arts campus, Antwerp.
A Roma, Teatro Olimpico, il 30 e 31 ottobre, per Romaeuropa Festival