Alla scoperta di Swami Vivekananda

Centocinquanta anni fa nasceva a Calcutta uno dei protagonisti della rinascita dell'induismo. Una sorta di monaco guerriero deciso a contrastare il materialismo occidentale, una figura di riferimento per tutta l'india
Swami Vivekananda

Il 12 gennaio 1863, centocinquant’anni fa, nasceva a Calcutta, oggi ribattezzata Kolkata, Narendranath Dutta, che più tardi avrebbe cambiato il suo nome in Swami Vievekanda, divenendo uno dei protagonisti della rinascita dell’induismo nel corso del XIX secolo. Sarebbe scomparso giovane, questo brillante bengalese, nel 1902, nemmeno quarantenne. Tuttavia, avrebbe lasciato un segno nella storia del suo Paese e nel mondo del contatto fra le religioni.

Vivekananda è indissolubilmente legato a Ramakrishna Parahamansa, figura spirituale e mistica, che visse in assoluta povertà la sua vita, attirando però l’attenzione degli indù della seconda capitale dell’impero britannico. Ramakrishna non scrisse mai nulla, fu il suo discepolo Vivekananda a renderlo noto e farsi canale del suo pensiero. Il maestro, infatti, lo aveva invitato a "seguire i suoi discepoli e a tenerli uniti".

Swami Vivekanda ha avuto un ruolo fondamentale per rendere gli indiani coscienti del valore della loro cultura e religione e, come nessun altro, è riuscito ad adattare le tradizioni e le scritture delle religioni dell’India alle nuove sfide culturali, religiose e sociali lanciate dal colonialismo inglese, dal pensiero razionale europeo e dal contatto con la religione cristiana, soprattutto di tradizione anglicana. Nel corso del XIX secolo, si erano, infatti, sviluppate diverse correnti per il rinnovamento dell’induismo, ma, con tutta probabilità, Vivekananda si è imposto su tutti con una vena spirituale, che ha saputo coniugare mistica ed opere sociali, tradizione e apertura verso l’occidente senza venir meno ai valori dell’induismo millenario, ma riuscendo a trasformarlo. Ha operato, infatti, coscientemente o meno ma con successo, una sintesi di elementi religiosi, culturali ed etici che hanno assicurato risposte importanti ed esaurienti a diverse fasce di persone, molto diverse e lontane fra loro: indù in crisi di identità, occidentali curiosi di conoscere il pensiero indiano ed opinione pubblica indiana alla ricerca di ideali nazionalisti.

Ha fondato un ordine monastico moderno, dandogli il nome del mistico che lo aveva ispirato, Ramakrishna Mission. Si tratta di monaci, impegnati nel sociale con ospedali, scuole, centri culturali e di ricerca filosofica ed educativa. Soprattutto, però, questo avvocato bengalese riuscì a esercitare un grande fascino sul mondo occidentale, grazie ai suoi due interventi dell’11 e del 19 settembre 1893 al Parlamento mondiale delle religioni di Chicago. In quella settimana il mondo occidentale soprattutto americano conobbe da vicino l’induismo e decine e decine di persone ne rimasero affascinate. Vivekanda accettò, poi, inviti a tenere varie conferenze negli Usa. I grandi indologi di fine secolo – Max Mueller e Rene’ Rolland per esempio – lo hanno trattato spesso come il vero portavoce dell’induismo reale.

Vivekananda resta ancora oggi una figura di riferimento per tutta l’India, probabilmente alla pari del Mahatma Gandhi, sebbene diversamente dalla Grande Anima. George M. Williams, uno studioso della sua figura poliedrica e complessa, lo definisce come «l’immagine del tipo di monaco-guerriero (ksatriya-sannyāin), in marcia verso le cittadelle del materialismo occidentale e capace di dimostrare in modo trionfante il potere della spiritualità indiana».

La figura di Swami Vivekananda è profondamente radicata nell’immaginario degli indù ed è altrettanto ben gestita dai suoi seguaci, al punto che non è facile scoprire il Swami Vivekanda storico. Qualcuno afferma che «il Vivekananda essere umano è perso nella leggenda»[1].

 

 

 



[1]
G.M.Williams – Swami Vivekananda – in R.D.Baird (a cura di) Religion in Modern India –  Manohar, New Delhi, 2005 pag. 410

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