Alla ricerca di un patto sociale
Un accordo che abbandoni il conflitto tra capitale e lavoro. Lo propone il manager Fiat Marchionne al Meeting suscitando diverse reazioni.
Grande attenzione per l’intervento di Marchionne al Meeting di Comunione e liberazione. Una sorta di “discorso alla Nazione” che ha avuto il tono di una testimonianza personale, diretta e immediata, sulla necessità del cambiamento imposto dagli eventi come l’emigrazione vissuta da lui stesso in gioventù giovane dall’Abruzzo verso il Canada.
Sulla questione della trattativa sindacale e l’appello di Napolitano è entrato nel merito a fine intervento rispondendo ai numerosi giornalisti presenti dichiarandosi disponibile a continuare la trattativa e ricevendo immediatamente il riscontro positivo da parte del segretario generale della Cgil, Epifani.
Il deciso e, più volte, applaudito discorso ha seguito il filo di un esame della sfida legata alla globalizzazione dei mercati e delle sue enormi incertezze che ha bisogno di uomini e donne virtuosi capaci di rispondere accettando e governando il cambiamento senza nascondersi in vecchi schematismi che possono solo condurre alla fine degli investimenti in Italia. Marchionne ha sottolineato che il nostro è l’unico Paese in cui il gruppo perde soldi pur essendo il solo a decidere di avviare quel progetto di Fabbrica Italia che richiederà 20 miliardi di euro necessari per arrivare ad un livello di competitività paragonabile agli stabilimenti distribuiti in tutti i continenti dove la multinazionale intrattiene rapporti commerciali con oltre 190 nazioni.
La stessa scelta di spostare la produzione della nuova Panda dalla Polonia a Pomigliano è irrazionale, secondo Marchionne, e comprensibile solo con l’intenzione di credere ancora in un destino diverso per l’industria dell’auto che è da rifondare alla radice, così come avvenuto negli Usa con la Chrysler.
Per raggiungere questo obiettivo ha presentato la sua ricetta: «Non siamo più negli Anni Sessanta. Non è possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una lotta tra “capitale” e “lavoro”, tra “padroni” e “operai”. Se l’Italia non riesce ad abbandonare questo modello di pensiero, non risolveremo mai niente. Erigere barricate all’interno del nostro sistema alimenta solo una guerra in famiglia. L’unica vera sfida è quella che ci vede di fronte al resto del mondo. Quello di cui ora c’è bisogno è un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare al Paese la possibilità di andare avanti». Solo in tal modo si renderebbe possibile una struttura produttiva ed efficiente in grado di rispondere immediatamente alle variabili del mercato che nessuno può prevedere: «Conosciamo bene le regole dei mercati. Il loro andamento è determinato dalla domanda e dall’offerta, e trovano il loro equilibrio all’incrocio di queste due funzioni. Nella ricerca di questo equilibrio, non adottano principi etici e non sono condizionati da fattori o legami emotivi».
Molti commentatori hanno salutato in maniera positiva la franchezza abituale del manager italo canadese. Morde, come nota lo studioso liberista Oscar Giannino, un mondo post crisi che vede già «l’intera costa occidentale del Pacifico, dal Vietnam alla Thailandia sotto l’orbita della Cina e non più degli Usa» e obbliga a nuove organizzazioni della produzione e tecnologie per poter mantenere un certo vantaggio competitivo sui mercati internazionali. Ma fa notare il sociologo industriale Aris Accornero, la lotta di classe, se esiste ancora, è quella scatenata dalle aziende che fanno scontare solo ai lavoratori i costi della ristrutturazione conseguenti alla crisi sotto la minaccia della delocalizzazione.
Il dibattito suscitato dall’intervento di Marchionne si sposta, così, sul ruolo da riconoscere ai lavoratori delle aziende, al loro titolo di partecipazione che non può ridursi solo alla distribuzione degli utili. Così come avviene, per esempio, in aziende leader del mercato dell’auto come la Volkswagen. A quella centralità e dignità della persona nel processo di lavoro che costituisce sempre più oggetto di approfondimento a partire dal caso Fiat per arrivare ad ogni più nascosta realtà produttiva. Elementi necessari e decisivi per raggiungere quel nuovo patto sociale che nasce dal dialogo autentico e reciproco.