Alla larga dal Maelström!

Il famoso vortice nei pressi delle coste settentrionali della Norvegia ha ispirato diverse pagine, tra le più emozionanti, di 3 scrittori d’avventura dell’800
gorgo

Così Wikipedia descrive il Maelström (in norvegese moskenesstraumen, “corrente di Mosken”): «È un fenomeno simile a un gorgo, causato dalla marea lungo la costa atlantica della Norvegia, nei pressi delle isole Lofoten. Due volte al giorno il flusso di marea scorre avanti e indietro nello stretto tra Lofotodden e Værøy: a causa della conformazione dello stretto, angusto e poco profondo, si genera una corrente molto forte, con onde e vortici che rendono pericolosa la navigazione specie con navi di piccole dimensioni. Il fenomeno prende il nome dall’isolotto di Mosken, situato in mezzo allo stretto».

 

Gorgo, vortice: questo il significato della parola Maelström, adattamento inglese di Mӓlström. Non so quanti di noi si siano spinti fino a quelle latitudini per ammirare il fenomeno. Esso però è ben noto agli appassionati di letteratura avventurosa. Sono stati infatti alcuni celebri scrittori dell’800 a rendere popolare il Maelström, esagerandone alquanto la forza d’attrazione e descrivendolo come un enorme vortice che risucchia nel suo imbuto liquido ogni cosa e imbarcazione, perfino navi di un certo tonnellaggio.

 

Primo fra questi autori è stato Edgar Allan Poe. Nel racconto Una discesa nel Maelström del 1841 lo scrittore statunitense immagina di riportare la paurosa avventura narratagli da un vecchio pescatore norvegese finito con la sua imbarcazione nelle spire del mostruoso gorgo: «Non potrò mai dimenticare il senso di spavento e d’ammirazione che provai guardandomi intorno. Il battello pareva sospeso come per incanto a mezzo della discesa sulla superficie interna di un imbuto di circonferenza molto vasta e di una profondità prodigiosa le cui pareti perfettamente lisce avrebbero potuto esser prese per ebano, se non fosse stata l’abbagliante rapidità con la quale giravano su sé stesse, e il sinistro fulgore che, per riflesso, mandavano sotto i raggi della luna piena, i quali dall’apertura circolare fra le nuvole che ho già descritto scendevano in un fiume di luce dorata lungo le nere pareti, penetrando sino nelle più intime profondità dell’abisso».

Scampato miracolosamente alla morte, il pescatore dà modo a Poe di offrire una descrizione quasi scientifica, da spettatore incuriosito, del fenomeno.

 

Segue il Jules Verne di Ventimila leghe sotto i mari (1869). Alla fine del romanzo, il battello sommergibile Nautilus finisce – non si sa se volutamente – per essere inghiottito da quello che lo scrittore chiama l’”ombelico dell’oceano”. Ma proprio questa circostanza sfortunata favorisce la fuga in canotto del professor Arronax, del suo domestico Conseil e del fiociniere Ned Land, prigionieri del misterioso del Capitano Nemo:

«Il battello descriveva, ora, una spirale il cui raggio si accorciava a poco a poco. E aggrappato ancora al suo fianco, il canotto subiva il medesimo gurgite vertiginoso. Lo sentivo. Provavo l’impressione di capogiro che accompagna ogni movimento circolare troppo lungo e accentrato. Eravamo presi dal terrore, da un orrore estremo, – sudavo freddo come devono farlo gli agonizzanti. E quale frastuono, intorno al canotto! L’acqua muggiva, ululava picchiando sulle aguzze rocce del fondale: dove anche i corpi più duri si rompono, e i tronchi limandosi diventano “pelliccia”, secondo l’espressione norvegese. Il Nautilus pareva difendersi come un essere umano, scricchiolava nei muscoli d’acciaio. Si rizzava per intiero, a volte, e noi ci sentivamo impennare con lui».

 

Terzo Emilio Salgari, che prendendo spunto da Poe o da Verne, o da ambedue, si è cimentato per ben 3 volte in un emozionante faccia a faccia col famoso vortice: nel racconto Inghiottiti dal Maelström! (1894), nel romanzo breve I naufraghi dello Spitzberg (1896) e nell’instant-book sulla spedizione artica del Duca degli Abruzzi La Stella Polare e il suo viaggio avventuroso (1901).

Nel primo testo, lamalcapitata di turno è la Marfa, «un bel legno mercantile russo, della stazzatura di ottocento tonnellate», sotto il comando del capitano Worsoff. Per colmo di disdetta è stata gravemente danneggiata dalla caduta di un iceberg ed essendo pertanto ingovernabile subisce facilmente l’attrazione del vortice:«Il capitano e il mastro, impotenti, guardavano con gli occhi torvi quell’orribile spettacolo, attendendo stoicamente il momento di venire assorbiti, mentre gli emigranti, pazzi di terrore, correvano pel ponte invocando disperatamente l’aiuto del Cielo.E la nave correva, correva, correva, inclinandosi verso l’imbuto, che pareva diventasse ad ogni istante più profondo, e che mandava fuori muggiti tali da far fremere l’uomo più audace della terra. Correva all’impazzata urtando i ghiacci, urtando i rottami, ora inabissandosi fino alle murate e ora rialzandosi, mentre tutte le sue costole gemevano come si dolessero di quella scapigliata corsa circolare.Ad un tratto precipitò entro una specie d’imbuto, attorno a cui l’acqua correva con un rapido pendio. Per alcuni istanti la Marfa roteò vertiginosamente in mezzo ad una fitta caligine che si precipitava verso quel nero gorgo, si rialzò come avesse fatto un ultimo sforzo, poi sparve tutta intera con tutti gli uomini che la montavano!…Il gorgo continuò a roteare sopra la misera che s’inabissava, soffocando co’ suoi possenti muggiti le urla degli infelici che ancora si dibattevano!…».

 

Anche nei due romanzi citati troviamo descrizioni apocalittiche che vedono assorbiti nell’”abisso girante”, come lo chiama Salgari, perfino narvali e balene! E pensare che lo scrittore ha anche affermato: «Si è molto esagerato, questo è vero, sulla potenza attrattiva di quel vortice, però è sempre temibile e le navi costrette a passare pel Vest Fjord, si guardano bene dall’accostarvisi durante le tempeste ed i tempi nebbiosi».

Oggi è possibile ammirare il fenomeno senza correre rischi e senza troppe emozioni. Ma chi ci restituirà il fascino di queste narrazioni del passato?

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