Alla guerra dell’elemosina
A fare più clamore è stata Trieste: dando concretezza a quanto preannunciato, a fine novembre il vicesindaco Pierpaolo Roberti ha concluso la messa a punto del nuovo regolamento di polizia urbana che vieta – oltre che di fumare e bere alcolici nei giardini pubblici e di bestemmiare – di chiedere l’elemosina e bivaccare su marciapiedi e panchine. Le sanzioni previste vanno dai 150 ai 900 euro; e vanno a colpire non soltanto chi chiede qualche spicciolo, ma anche chi lo dà. «Vogliamo colpire i racket – ha dichiarato Roberti – dare un euro o qualche spicciolo in mano a un estraneo che domanda la carità non è aiutare. Ci sono tanti altri modi per farlo: offrire piuttosto un panino a chi ha fame, sempre che abbia davvero bisogno».
Il provvedimento ha già ottenuto il via libera dalla Giunta, ed ora deve passare per il Consiglio e per le Circoscrizioni; ma la maggioranza è compatta nel sostenere un testo che dà forma organica ai giro di vite già intrapresi con diverse ordinanze non solo sui senzatetto, ma anche su writers, parcheggiatori abusivi, artisti di strada non registrati, prostitute e loro clienti. Già ad ottobre erano partiti gli sgomberi dei senzatetto e dei loro effetti personali; ed ora si prospetta una svolta che l’opposizione ha definito «degna di un regime dittatoriale». «Il centrodestra a trazione leghista sta snaturando Trieste e l’immagine che la città si è costruita in Italia e all’estero, e ciò rattrista – ha dichiarato l’europarlamentare Pd Isabella De Monte -. Il regolamento ha una portata e un intento ideologico-punitivo che vanno ben al di là della reale necessità di garantire il decoro urbano e il rispetto delle regole, per cui esistono tra l’altro già norme precise. Accanirsi con tale forza contro chi chiede o dà una moneta, o contro chi riposa su una panchina, è qualcosa di molto lontano dalle soluzioni serie dei problemi e ha un sapore autoritario che inquieta». Senza contare che, come ha fatto notare l’ex sindaco Roberto Cosolini, in una città che vuole porsi sempre più come meta turistica, prospettare il rischio che anche una scolaresca che “bivacca” in un parco per il pranzo al sacco possa essere multata non è esattamente un buon biglietto da visita. Anche l’assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti, in un comunicato stampa ha definito «Stupefacente che chi si propone come custode della tradizione occidentale arrivi al punto di proibire l’elemosina, cioè uno dei cardini dell’espressione della solidarietà cristiana. Si è smarrito il senso delle proporzioni e del buon senso, oltre che della propria identità».
E qui, si potrà obiettare, stiamo parlando di una città governata da una giunta di centrodestra; ala politica notoriamente più intransigente su questi fronti. Ma altrettanto non si può dire per Udine, il cui Consiglio comunale a maggioranza di centrosinistra negli stessi giorni ha approvato un regolamento simile. Così anche nel capoluogo friulano è vietato bivaccare e chiedere l’elemosina agli incroci, nei parcheggi, davanti a monumenti, alla stazione ferroviaria, all’ospedale e alle strutture sociosanitarie, ma nemmeno in cimiteri, mercati e se si rischia di interferire con attività commerciali e pubblici esercizi. Inoltre, è vietato chiedere l’elemosina «con minori di diciotto anni o con sfruttamento di animali». Anche qui, sanzioni da 50 a 300 euro. Insomma, simili provvedimenti non sono prerogativa di una specifica parte politica, ma paiono rispondere ad un sentire diffuso specie in una città che già sta sperimentando con molta fatica la convivenza con i numerosi richiedenti asilo ospitati alla caserma Cavarzerani o in altre strutture; sempre che, appunto, siano ospitati, perché alcuni rimangono semplicemente in strada al di fuori di qualsiasi percorso di accoglienza.
A completare il quadro, Pordenone: dove il sindaco di centrodestra Alessandro Ciriani ha scatenato la polemica facendo ristampare su cartelloni lunghi sei metri e alti tre l’invito che già da ottobre aveva rivolto ai concittadini con affissioni di misure più contenute. «Non dare soldi ai mendicanti. Il tuo denaro non va ai poveri, ma a reti criminali senza scrupoli. Aiuta veramente i bisognosi: rivolgiti alle organizzazioni che li assistono». Un invito, quest’ultimo, in sé non sbagliato; ma i cartelloni hanno suscitato vivaci reazioni perché apparsi proprio poco prima del Natale. Un’iniziativa che fa seguito all’ordinanza con cui il sindaco ha disposto il sequestro delle elemosine agli accattoni colti sul fatto dalla polizia municipale. «Il provvedimento contenuto nella mia ordinanza – ha spiegato Ciriani ‒ non vieta di fare l’elemosina ai veri poveri. Intende combattere un possibile fenomeno di racket che sta dietro alle persone che, soprattutto in coincidenza di alcuni eventi come il mercato settimanale, si trovano in alcuni punti della città».
Il Friuli Venezia Giulia alla guerra dell’elemosina, quindi? La svolta in questo senso è innegabile, ma naturalmente anche da parte dei cittadini la reazione non è monolitica. Oltre a chi sostiene, con toni più o meno accesi, che «è ora di fare pulizia» ‒ ed è, a onor del vero, la maggioranza di coloro che hanno scelto di far sentire la propria voce tramite i social o commenti nei siti dei giornali locali ‒, c’è chi si chiede se questi provvedimenti avranno mai più che un valore simbolico, dato che è a dir poco improbabile che un senzatetto paghi queste multe. Qualcun altro auspica, piuttosto che sguinzagliare la polizia comunale a fare multe tout court, che questi sforzi vengano profusi per cercare di colpire le organizzazioni criminali del “racket delle elemosine” o per affrontare altre questioni ritenute più urgenti e significative; e chi ancora derubrica a populismo il fatto di sbandierare provvedimenti “duri” ma poi di presumibile scarsa efficacia alla prova dei fatti.
A prendere posizione in quel di Trieste è poi stata la Chiesa locale: «Sono contrario a un sistema di multe salatissime», ha dichiarato il Vicario episcopale monsignor Ettore Malnati. «Riguardo la questione dell’elemosina rimando al Vangelo, che cita come “avrete sempre i poveri con voi”. Ma, detto questo, i “furbastri” della questua vanno stigmatizzati». Tuttavia don Alessandro Amodeo, a capo della Caritas diocesana, ha precisato: «Sul divieto di dare l’elemosina, con tutti i distinguo del caso, siamo d’accordo anche noi. La Caritas non dà mai denaro in contanti. Paghiamo bollette, sosteniamo spese alimentari e altro, piuttosto. L’idea quindi del contrastare una pratica sulla quale lucra anche un certo racket, è buona».