Alla cassa numero tre
Domenica mattina, domenica delle Palme, sono entrata sul presto in un grande supermercato vicino casa per prendere poche cose prima del previsto affollamento domenicale che di inizio della settimana pasquale. Non c'erano ancora tanti avventori come di consueto e si girava bene col carrello fra i reparti. Quando ho finito mi sono avviata alle casse, tutte aperte e pronte all’ondata di presenze, mentre già fuori il parcheggio si era riempito e dai vari reparti saliva un crescente brusio.
Nonostante avessi un' ampia scelta sul dove pagare, mi sono avviata decisa alla cassa numero tre, dove era appena giunta una piccola deliziosa carovana familiare con due carrelli pienissimi, ciascuno con a bordo un piccolo bambino, due genitori pazienti e sereni nonostante evidenti segni di fatica sul volto della mamma in attesa di un altro bimbo, e un papà collaborativo e scherzoso che si affannava a far tutto nonostante non avesse la fortuna di avere tante braccia quanto quelle della dea Visnù.
Sono rimasta lì mostrando di non accorgermi della possibilità di pagare subito alle due casse ai lati della mia, perché da tempo avevo scoperto una piccola perla preziosa: la cassiera di mezza età, unica tra tanti colleghi giovani e sempre presente i sabati e le domeniche. Mi avevano colpito il suo abbigliamento dimesso intravisto dal grembiule aperto, la sua rara gentilezza, specie con i più anziani, il suo collaborare a riempire le buste dei clienti, la sua riservatezza e soprattutto il suo volto affilato, smunto. Mi avevano attratto gli occhi, belli ma carichi di una dolente malinconia, così in contrasto con l’attenzione gentile e attiva verso i clienti. Non sapevo nulla di lei tranne che un giorno d’estate mi aveva chiesto il permesso di allontanarsi un minuto, e al suo ritorno mi aveva sussurrato che soffriva con i reni e doveva bere tantissimo durante la giornata.
Mentre la famigliola ultimava il suo pagamento, un signore molto anziano è venuto a porsi dietro di me ed io, per gentilezza, gli fo fatto notare le possibilità di pagare velocemente nelle altre casse; lui mi ha ringraziato e sorridendo mi ha detto: «No, preferisco stare qui dalla signora», ed io: «Allora siamo in due», mentre i giovani cassieri ai lati ci hanno guardato quasi con commiserazione. Arrivato il mio turno c’è stata una battuta di arresto: la cassiera stava riordinando i ticket di lavoro che i due genitori le avevano fornito per scalare il conto da pagare e lei ha osservato di non aver mai visto ticket come quelli; il papà, subito, aperto e col sorriso, le ha detto: «Sono dentista e lavoro in ospedale.Questi sono i ticket-mensa ospedalieri».
In una manciata di secondi, vincendo la sua riservatezza, la donna gli ha chiesto se conoscesse nel campo una possibilità di lavoro per il figlio odontotecnico, disoccupato da un anno e disposto anche a fare da assistente-infermiere. L’uomo, con una naturalezza sorprendente, carico di pacchi e con uno dei figli che si agitava sulle sue spalle, le ha porto il suo biglietto da visita, l'ha esortata a spingere il figlio a presentarsi in tre ospedali e le ha assicurato che in giornata avrebbe avvisato un collega della cosa, aggiungendo a penna il numero di cellulare di questa persona e raccomandandole di chiamarla in giornata.
La cassiera è rimsta ammutolita: gli occhi sono divenuti più grandi per l’insperato dono di speranza che le era stato appena offerto ed è rimasta a guardare, balbettando una serie di «grazie», mentre il gruppetto familiare si avviava rumoroso verso l’uscita. Lei subito si è ripresa, ha messo in tasca il biglietto da visita e si è scusata con me e con l'altro signore in fila per averci fatto attendere più del previsto.
Dopo aver pagato, nel salutarla le ho detto: «Signora, sono rimasta qui a fare la fila perché desideravo farle i miei auguri di Pasqua» e ho staccato un pezzetto dal ramo di ulivo che avevo con me, preso alla messa. Ho aggiunto: «Mi scuso, ma non ho potuto non ascoltare quello che è accaduto e il mio augurio è comprensivo della certezza che la bontà oggi le si è rivelata nella sorpresa del grande uovo pasquale della provvidenza e so per personale esperienza che non abbandona mai le sue creature!».
La cassiera della cassa tre ha alzato gli occhi su di me pieni di lacrime e ha sussurrato: «Grazie signora, lei è tanto gentile e la prossima volta che viene le farò sapere! Buona Pasqua». Il signore dietro di me intanto aveva posto la sua spesa sul nastro e mi ha sorriso contento, quasi complice; poi ci siamo scambiati un augurio veloce, consci entrambi che un riflettore di luce era stato proiettato per venti lunghi, ma per noi brevissimi, minuti, sulla cassa numero tre di quel supermercato.