Alla Camera per ri-costruire rappresentanza
Sei mesi per farsi visitare e treni sovraffollati che partono spesso in ritardo. Dove vivete, cari onorevoli e senatori? Sentite sulla vostra pelle il disagio delle persone in carne e ossa oppure restate, con le vostre alchimie elettorali, dentro i palazzi? Così Anna Chiara Pennacchia, giovane studentessa di odontoiatria di Sonnino, provincia di Latina, richiama i parlamentari a ricordarsi che il loro compito è quello di «servire il popolo».
La ragazza, che proviene da una terra di antica ribellione, probabilmente non sa che quella espressione rimanda a slogan di una gioventù disillusa, quella degli anni Settanta, infatuata dal mito maoista e che non sarebbe entrata nei palazzi parlamentari passando dalla guardiania di sicurezza. Il seminario del 22 marzo, organizzato dal Movimento politico per l’unità (Mppu) e Umanità Nuova, si è svolto in un’aula dei gruppi parlamentari della Camera piena di tanti giovani che indossano giacca e cravatta, come richiede la procedura d’ingresso, e sono i primi a capire che la questione è seria e la forma non può nascondere i nodi di una frattura esistente tra cittadini e partiti.
Così Letizia De Torre, deputato Pd, e Giacomo Santini, senatore Pdl, introducendo l’incontro, definiscono l’intenzione di una campagna di pressione che nasce da parte della società civile per ricostruire la rappresentanza e il legame sociale. Si tratta, come dice De Torre, di buttare giù un ponte levatoio sul pericoloso fossato che si è creato con la classe politica e le istituzioni.
Il primo nodo da affrontare è quello della legge elettorale vigente che ha eliminato la possibilità di scegliere i candidati. Il Mppu ha lanciato, perciò, una campagna nazionale per chiedere una legge elettorale condivisa, assieme ad una riforma radicale dei partiti che esige regole democratiche interne, adozione di un codice etico vincolante e trasparenza nei finanziamenti (per firmare la petizione “EleggiAMO l’Italia” www.petizionionline.it).
«Come fa a reggere un partito se viene percepito come ufficio di collocamento per mediocri e corrotti?». La dura citazione di Eugenio Scalfari è stata utilizzata da Iole Mucciconi durante il dibattito che ha coordinato con gli esponenti dei diversi partiti impegnati a cambiare le regole elettorali. Se perdono di credibilità i rappresentanti dei cittadini, finiscono per dominare le più diverse lobby e gruppi di interesse, comprese le organizzazioni criminali. Sono casistiche estreme affrontate dagli autorevoli docenti di politologia intervenuti nel seminario – Leonardo Morlino e Fulco Lanchester – assieme al loro collega Alberto Lo Presti, esponente del Mppu.
C’è il pericolo di frattura sociale, tanto che nel dibattito degli esperti si inizia a teorizzare la necessità di una sospensione della democrazia a favore di una tecnocrazia di lungo periodo, che rivela un’indubbia attrattiva verso modelli dirigisti orientali destinati a prevalere. Una prospettiva, quest’ultima, evocata da Lanchester come un’ipotesi non remota se, alla fine, le segreterie dei partiti credono di potersela cavare con scelte di basso profilo, dettate solo dalla necessità di sopravvivere.
Nel dibattito, scandito da domande esigenti, gli esponenti politici (dall’Idv al Pdl) hanno faticato ad uscire dal formato abituale dei salotti televisivi. È apparsa evidente la tendenza a trovare una forma di composizione sulla legge elettorale dopo le amministrative di maggio. In sostanza, i partiti si vogliono misurare per trovare le formule adatte per future maggioranze.
Tra i trecento presenti, chi è arrivato da lontano, pieno di fiducia, da Trento come da Palermo, ha evidentemente un'altra urgenza. Sa che può aumentare il fenomeno dell’astensione, con futuri governi destinati a rappresentare solo una minoranza reale, con il rischio di disgregazione di un Paese alle prese con una crisi economica che esige coesione, a cominciare dalla trasparenza nelle regole del gioco. Ma non è certo il momento di abbattersi. Non c’è democrazia senza partecipazione, come si afferma nelle scuole del Mppu. Si tratta di levarsi la cravatta e portate il dibattito nei quartieri e nelle periferie, sui treni e nelle sale d’attesa delle Asl. Siamo solo all’inizio.