“All inclusive”, una formula buona per tutti?

Viviamo in un mondo in cui tutto è sempre più accessibile e preconfezionato. Possiamo scegliere un piano oppure un altro, tutto è in “pacchetti”, così non ci si pensa più. La vita sembra più comoda, in realtà soddisfare le proprie esigenze può diventare difficile.
Al ristorante

Le formule all inclusive, tutto compreso, nascono e si diffondono per rendere accessibili beni e servizi. Nel tempo hanno agevolato l’organizzazione della vita. Il loro principale vantaggio è di essere economiche, di rispondere alle esigenze dei più e di offrire spesso qualche optional che da soli non si sarebbe pensato né scelto.

Accanto ai pregi, però, le formule all inclusive hanno anche dei limiti e che si tratti di un pc, di una tariffa telefonica, di un pacchetto vacanze, di una cena “all you can eat” (letteralmente: “tutto quello che puoi mangiare”) o di un cibo preconfezionato è lo stesso.

I “pacchetti” sono da una parte una grande attrattiva ed una agevolazione, ma dall’altra spesso finiscono per produrre omologazione e consumismo. Non sempre rispondono alle personali logiche di vaglio/acquisto/risparmio legate al “questo si mi serve, lo uso; questo no, non mi serve, non lo voglio”. Quante volte davanti ad un’offerta ci si chiede: “In realtà cercavo un’altra cosa, ma visto che c’è questa perché non provarla?” Paradossalmente l’all inclusive offre di più, a prezzi più concorrenziali, ma al contempo limita la capacità di prendere ciò che veramente si vuole.

Nell’economia della nostra mente si tratta di fare un bilancio costi-benefici e valutare i vantaggi che se ne possono ottenere. Se si aggiungono caratteristiche come l’impulsività nell’acquisto o il paragone tra ciò che hanno gli altri e ciò che si può ottenere per sé, il gioco è fatto ed il mercato vince.

Come riuscire a far sì che vincano anche le persone? Può accadere, infatti, che dopo un acquisto frettoloso ci si accorga che si è comprato un bene-servizio che in realtà non serve oppure che gli optional inclusi, per quanto attraenti, non sono in linea con le proprie esigenze. D’altronde può accadere anche che ci si renda conto di aver fatto davvero un buon affare. Utilizzare le funzioni di giudizio critico, i propri parametri di acquisto e di attribuzione di senso su ciò che utilizziamo o di cui ci circondiamo, sono strategie di successo.

All inclusive: cambiano stili di vita, modalità relazionali e l’interazione con l’ambiente
Come è naturale che sia, quando qualcosa colpisce l’attenzione e la curiosità, anche l’atteggiamento nei suoi confronti cambia e si è disposti ad adottare nuovi comportamenti. Vediamo pregi e rischi in alcuni esempi.

Con l’offerta “all you can eat“, ad esempio, si può mangiare ciò che si vuole ad un prezzo fisso, fino a dire basta. È un’occasione allettante per banchettare con amici e partner senza dover pensare alla spesa finale. L’occasione è ghiotta e la capacità di mantenere il controllo per non sentirsi male si riduce. D’un tratto ci si trova a cambiare locale e modalità di consumo.

Opzioni tariffarie: quante volte avete desistito dal fare una telefonata ad un amico perché il vostro piano tariffario prevedeva l’all inclusive verso un operatore telefonico diverso da quello usato da lui? Oppure se avete finito i minuti avete chiesto all’altro di chiamarvi? Accortezze che in virtù di un legame già costruito non creano alcun problema, ma che nel tempo possono diventare comportamenti automatici capaci di togliere l’effetto sorpresa di una telefonata e condizionare quei messaggi di attribuzione di valore all’altro che nutrono la relazione.

Oppure pensiamo ad alcuni optional negli apparecchi audio-video-fonici. L’attenzione è calamitata e facilmente il tempo che nelle intenzioni avreste voluto utilizzare per un dialogo di coppia, una serata in famiglia, lo studio, lo sport o un’attività all’aria aperta, in realtà è stato utilizzato senza che ve ne accorgeste in attività solitarie.

Ed ancora, chi vive nelle grandi e frenetiche città conosce bene i vantaggi del cibo preconfezionato. Da utile rimedio al poco tempo a disposizione, questa prassi può finire per trasformarsi in un momento veloce e disattento per saziare la fame del corpo. Il rituale della preparazione del cibo è un modo, a volte artistico, per prendersi cura di sé oltre che occasione di convivialità.

Man mano che cambiano le nostre opinioni ed i nostri atteggiamenti facciamo scelte diverse e nel tempo si modificano anche i nostri comportamenti. Si tratta di un processo naturale di interazione con l’ambiente, al quale non facciamo mai tanto caso ed attraverso il quale quasi sempre cresciamo come persone. Consapevolizzare questi processi permette di crescere nella direzione desiderata. E nel tragitto possiamo continuare a: fare scelte che ci corrispondono, coltivare e riscoprire il senso delle cose, dare valore ai gesti, salvaguardare il tempo in cui riconnettersi a sé stessi ed agli altri per ri-generare benessere.

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