Alitalia, si privatizza?
SI torna a discutere della nostra compagnia di bandiera e delle sue difficoltà economiche.
Nel mondo di oggi abbiamo le compagnie “low cost”, nate al risparmio retribuendo meno il personale, abilissime nel trovare nuove rotte per utilizzare al massimo i loro aeromobili e, soprattutto, capaci di attirare nuovi clienti tra quanti prima non potevano permettersi di volare.
Alitalia non è certo agevolata dal suo passato di società “nobile”, ma ormai decaduta, con stipendi, contratti e strutture da grande azienda, ad adeguarsi alle regole del “low cost”. Adesso poi che il suo monopolio dei trasporti veloci sulla tratta Roma Milano è stato compromesso dall’entrata in funzione dei treni veloci, che offrono un trasporto molto riposante e di uguale durata se calcolato partendo dai centri città, per sopravvivere deve cercare di assomigliare il più possibile alle grandi compagnie aeree.
Queste fanno quadrare i conti principalmente grazie alle rotte di lunga tratta, continentali o intercontinentali, in cui la durata del viaggio rende particolarmente disagevole volare in classe turistica: così, in questi voli, è più alto il numero dei viaggiatori che scelgono di volare comodamente in classe business, anche se questo significa pagare un prezzo del biglietto anche quattro volte superiore. Un prezzo che si possono permettere quasi sempre, perché le spese di viaggio sono a carico dell’azienda o dell’istituzione, pubblica o privata che sia.
Questi voli “ricchi” partono ed arrivano nei grandi aeroporti, i cosiddetti HUB: però, per chi non vive accanto a questi HUB, che in Italia sono Fiumicino e Malpensa, il tempo di volo per raggiungerli, partendo dall’aeroporto più vicino, non è molto diverso da quello necessario a raggiungere uno degli HUB europei. Anzi, a volte ci vuole più tempo: per un genovese è più facile raggiungere gli aeroporti di Parigi, Monaco, Francoforte o Londra che Malpensa, perché l’HUB milanese non è collegato con Genova per via aerea.
L’Italia è affamata di buoni collegamenti con il mondo, non solo per agevolare i contatti della sue imprese, ma soprattutto perché aspetta turisti facoltosi a cui offrire le sue bellezze artistiche e naturali. Così per il nostro Paese non è tanto importante disporre di una compagnia di bandiera i cui voli partano dai nostri HUB, ma piuttosto disporre di un sistema efficiente e poco costoso di aeroporti distribuiti sul territorio, in grado di rendere agevoli, in modo sicuro e poco costoso, i collegamenti con tutti gli HUB del nostro continente, compresi i nostri.
Sarà poi il fattore economico che deciderà quale sarà l’assetto dei voli più efficiente: naturalmente questo discorso non piace ai gestori dei nostri HUB, che in un libero mercato per essere preferiti agli altri devono diventare competitivi sotto il profilo dell’efficienza (non smarrire i bagagli e snellire i controlli di sicurezza) e nell’offrire condizioni di transito economicamente competitive. Certo, invece di migliorare l’efficienza e ridurre i tempi di transito, è più semplice cercare di obbligare le aziende aeree ad utilizzarli, ponendo ostacoli alla concorrenza. Ostacoli che, inevitabilmente, si trasformano in maggiori costi per gli utenti.
Così, per una compagnia aerea di medie dimensioni come Alitalia, per chiudere in nero il bilancio è importante far propria una fetta dei voli ricchi, realizzabili con grandi aerei forniti di ampi settori per clienti possono prenotare i biglietti più costosi perché non li pagano personalmente.
L’Alitalia e ed i suoi azionisti sono chiamati a raccolta, anche se non sono del settore, per difendere un baluardo nazionale non è in grado di agire autonomamente come una grande azienda internazionale. Sarebbe quindi più che logico che auspichi di fondersi con Air France, che però ha già di suo molti problemi.Queste considerazioni si potevano fare già anni fa, permettendo una fusione che avrebbe fatto risparmiare vari miliardi di euro, per un salvataggio deciso dal Presidente del consiglio, ma pagato da tutti noi, con soldi che oggi potrebbero essere utilizzati per il rilancio dell’economia o per ridurre il nostro enorme debito pubblico.