Alessandro e i donatori di midollo
Il caso ha suscitato immediatamente un grande seguito sui social: Alessandro Maria Montresor, bimbo di un anno e mezzo residente a Londra figlio di genitori italiani, ha bisogno urgente di un trapianto di midollo osseo. Alessandro soffre infatti di una rara malattia genetica, la linfoisticiosi emofagocitica: al momento il piccolo è curato con un farmaco sperimentale, ma si tratta di una soluzione temporanea. Rimangono poche settimane di tempo per trovare un donatore compatibile, cosa assai difficile: la compatibilità tra non consanguinei è infatti di 1 su 100.000, e ad oggi non esiste nessun donatore registrato che faccia al caso di Alessandro. Così è partito l’appello sui social, per invitare quanti possano farlo – persone in buona salute tra i 18 e i 35 anni e che pesino almeno 50 kg – ad andare a farsi tipizzare. Il procedimento è semplice: è infatti sufficiente un campione di saliva o di sangue per essere “registrati”, ed eventualmente richiamati (si rimane “disponibili” fino a 55 anni) nel caso in cui si risultasse compatibili con un richiedente.
La risposta è stata rapida: basta infatti leggere la gran quantità di commenti di persone che chiedevano come fare, di altre che hanno condiviso l’appello, per capire come la storia di Alessandro abbia toccato molti. Eppure c’è un ma, come più volte ha avuto a far notare la stessa Associazione donatori di midollo osseo (Admo). Se queste campagne sono infatti meritorie, e riescono a sensibilizzare molte persone ampliando la rosa dei potenziali donatori, è altrettanto vero che sull’onda dell’emozione spesso non corre anche la corretta informazione; e capita che alcune persone chiedano di farsi tipizzare in favore di un richiedente specifico, cosa non possibile né – a dirla tutta – eticamente corretta. «Noi come Admo siamo vicini alle famiglie e ai parenti di tutte le persone in attesa di trapianto – scrive l’associazione in un comunicato – ma vogliamo ricordare e rimarcare alcuni punti fondamentali: in Italia non esistono iscrizioni al registro Ibmrd [il registro internazionale dei donatori, ndr] finalizzate ad un unico paziente». Il dono è infatti per sua definizione gratuito e disinteressato, rivolto a tutti, tanto che né al donatore viene comunicato chi è il ricevente, né il ricevente conosce il nome di chi gli ha a tutti gli effetti salvato la vita.
Inoltre, ricorda Admo, stanno circolando anche alcuni post con false informazioni in merito alle modalità per farsi tipizzare e alle strutture a cui rivolgersi per farlo: l’invito rimane quindi quello di contattare la sede Admo più vicina a casa propria (l’elenco dei contatti si trova su www.admo.it) o il più vicino ospedale. Da ultimo, Admo ricorda quali sono i requisiti per donare (buona salute ed età tra i 18 e i 35 anni, come dicevamo): dover prima accogliere e poi rimandare indietro persone che non vi rispondono, per quanto mosse dal miglior buon cuore, risulterebbe infatti in un’inutile e dannosa perdita di tempo.
Rimane il fatto che, al di là di questo singolo caso particolarmente toccante, esistono tante persone in attesa di trapianto di midollo: una procedura che viene peraltro usata più frequentemente che in passato, in quanto è oggi possibile applicarla ad un più vasto numero di patologie prima considerate non curabili. Per questo la sensibilizzazione al dono disinteressato – uno degli slogan è «Dono non so per chi, ma so perché» – rimane di estrema importanza: il caso di Alessandro è stato la spinta per diverse iniziative di “reclutamento donatori” in tutta Italia, con la possibilità di farsi tipizzare direttamente nelle piazze tramite un campione di saliva (come a Milano il 24 e 25 ottobre, e sabato 27 ottobre a Napoli); che si aggiungono a campagne analoghe che l’Admo già porta avanti regolarmente. Ben vengano dunque i social per aiutare Alessandro e chiunque altro, purché l’informazione venga recepita in maniera corretta e consapevole.