Aleppo: una città divisa in due
Dopo 9 anni di studi teologici a Roma, don Antoine Tahan è rientrato nel suo Paese d’origine, la Siria. Qualche giorno dopo, il 15 marzo del 2011 scoppia la guerra. Non deflagra subito nella sua città, Aleppo, ma a Daara nel Sud est. All’inizio sono manifestazioni pacifiche che chiedono democrazia, libertà, diritti civili. Presto si trasformano in azioni violente dei ribelli. «Non sono dei ribelli ‒ precisa don Tahan, vice parroco ad Aleppo per i cattolici armeni ‒ sono dei banditi. C’è differenza tra un ribelle e un terrorista. Il ribelle si schiera con la popolazione, non ruba, non uccide i civili. Hanno voluto creare disordine nel Paese».
Il 24 luglio del 2012 la guerra arriva anche ad Aleppo. I terroristi conquistano i dieci villaggi attorno alla città. Chiudono tutte le vie di accesso verso la Turchia per poter controllare il flusso di armi proveniente dalla Turchia e poi attaccano da ogni direzione. Entrano in città, rubano i prodotti, i macchinari delle fabbriche e li vendono a metà prezzo in Turchia. Con il ricavato comprano armi. «Cominciano a conquistare Aleppo ‒ racconta don Tahan ‒ quartiere per quartiere. La popolazione ha cominciato a non pagare più le tasse e sono cominciati i rapimenti a scopo di riscatto. A mio fratello hanno chiesto 5 mila euro che corrispondono a due anni di stipendio. Rapivano di più i cristiani perché pensavano che la chiesa avrebbe pagato. Non possiamo più muoverci come prima. Il mio quartiere è stato danneggiato dalle bombe che hanno ucciso molti cristiani e musulmani. Sparano sui civili senza un perché. Solo per uccidere».
Morti innocenti che continuano a morire anche oggi. «Ultimamente ‒ continua il suo racconto don Tahan ‒ sono state uccise delle persone che conoscevo. Una ragazza siriana di 25 anni, Nur Asslo, che camminava a piedi in un quartiere musulmana. Colpita al petto è morta dopo un’ora in ospedale. Una studente di ingegneria, appena ventenne, è morta per le schegge di una bomba esplosa mentre passeggiava con il suo ragazzo davanti ad una chiesa». Un mese e mezzo fa la cattedrale armena cattolica è stata bombardata perché è in un’area di scontri tra i terroristi e l’esercito siriano. «Hanno distrutto la cupola e la chiesa ora è chiusa perché inagibile e non si possono più celebrare i sacramenti».
Aleppo è una città divisa in due. Per metà è in mano ai terroristi, per metà controllata dal governo siriano. Il centro storico, dove c’è la cittadella, l’antico suk, è completamente distrutto. «Era una zona molto affollata e ora non ci abita più nessuno». La città non è un luogo sicuro e molti cristiani scelgono di partire vendendo le case a metà prezzo, transitano per il Libano e fuggono all’estero. Di recente il Libano ha rilasciato 700 visti solo per il Canada. Altre destinazioni sono la Svezia, l’Olanda, la Francia.
«La guerra è una tentazione ‒ commenta don Tahan ‒ e solo Dio vede se rimarremo saldi nella fede dopo tutto ciò che è successo. Alcuni hanno perso la fede, altri credono di più. La guerra terminerà solo per la volontà dei governi di Usa, Arabia Saudita, Turchia, Qatar, Siria. Ma potrebbe durare ancora 15 anni perché ci sono molti interessi: il petrolio e il commercio delle armi».
Don Antonio Tahan tornerà nella sua parrocchia a fine aprile, ora è in Italia per un breve periodo. «Ho paura per la mia vita ‒ conclude ‒ e in alcuni quartieri non vado più».