Alberto Lupo, voce e volto della bella tv
In questo 2024, che segna il 70esimo anniversario della nascita della televisione in Italia, Alberto Lupo spicca con la sua voce e il suo volto come un personaggio che, come attore di grandi sceneggiati e conduttore di memorabili show, ha lasciato un’impronta profonda nella storia della Rai e dello spettacolo. Il pubblico più maturo lo ricorda con affetto e gratitudine, riconoscendo il suo multiforme talento, ma anche i più giovani ne hanno un’immagine di artista eccezionale.
Originario di Genova (ricordiamo quest’anno anche il suo centenario dalla nascita, che cade il 19 dicembre), Alberto Lupo si chiama all’anagrafe Alberto Zoboli. Cambia presto cognome perché la sua famiglia non condivide la sua precoce passione per il teatro e preferisce per lui la Facoltà di Giurisprudenza. Ma per Alberto il richiamo del palcoscenico è molto più forte di quello degli studi universitari. Se scostiamo la polvere dorata della sua futura celebrità, scopriamo un ragazzo pieno di sogni che negli anni difficilissimi del secondo dopoguerra si mette contro la volontà dei genitori pur di inseguire e realizzare la sua fortissima vocazione artistica.
Nel 1946 Alberto Lupo si iscrive perciò al Teatro sperimentale “Luigi Pirandello” della sua città, per poi recitare con importanti nomi come Giorgio Strehler e Gino Cervi. Ma è la televisione a dargli ampia notorietà, soprattutto grazie agli sceneggiati e ai suoi ruoli romantici.
Tutti (specie le donne) s’innamorano della sua voce suadente, della sua recitazione calma e sicura, del suo sguardo fermo e rassicurante. Ricordiamo Capitan Fracassa (1958), Padri e figli (1958), Una tragedia americana (1962), I Giacobini (1962), Resurrezione (1965): una enciclopedia visiva soprattutto della migliore letteratura dell’Otto e del Novecento, che finalmente entra nelle case degli italiani e li aiuta a scoprire opere e personaggi immortali.
Ma il personaggio, appunto, che lo consacra definitivamente è quello del dottor Andrew Manson ne La cittadella (1964), recitato accanto alla bravissima Anna Maria Guarnieri e ispirato all’omonimo romanzo di Archibald Joseph Cronin, pubblicato la prima volta nel 1937.
Alberto Lupo interpreta un medico coraggioso e competente, pronto al sacrificio e capace di affrontare critiche ed emarginazioni, perfino la morte improvvisa e lacerante della giovane moglie. Un uomo sempre dalla parte del bene, che ha scelto la medicina come vocazione e missione specie a favore dei più poveri. Qualche voce critica non manca e lo giudica “bello ma imbalsamato”.
Con il suo stile sempre garbato e misurato, Alberto Lupo è anche il presentatore di alcuni spettacoli tv molto popolari, varietà come Senza rete (1968 e 1975), Teatro 10 (1971 e 1972), dove interpreta con Mina la famosissima sigla Parole, parole, un successo che lo proietta nel mondo della musica, e Milleluci (1974).
Oltre al teatro e alla tv, “frequenta” anche il mondo del cinema (debutta nel 1954 con l’Ulisse di Mario Camerini), dei fotoromanzi, del doppiaggio (presta la voce anche a John Wayne), di Carosello, della prosa tv e radiofonica, della discografia.
Nel 1977, durante le prove in teatro di Chi ha paura di Virginia Woolf? Alberto Lupo viene colpito da trombosi cerebrale ed entra in coma a lungo. Al risveglio deve affrontare una complessa riabilitazione. Recuperata la voce, recita ancora negli sceneggiati L’eredità della priora (1980) e L’amante dell’Orsa Maggiore (1983). Muore d’infarto il 13 agosto 1984 a San Felice Circeo a soli 59 anni.
Alberto Lupo lascia un esempio di serietà e professionalità, un modello di bravura interpretativa e di una tv non gridata e mai volgare, capace di toccare con maestria le corde del comico come quelle del drammatico.
Tanto più che all’epoca esisteva solo la Rai. Il piccolo schermo quindi doveva entrare nelle case degli italiani con volti credibili, amichevoli, con contenuti forti e di altissima qualità. E poi, la voce di Alberto Lupo è indimenticabile: calda e amabile, alleata di una recitazione impeccabile e convincente.
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