Alba Fucens «città aperta»

Chiamata la piccola Roma d'Abruzzo, la sua fama letteraria ha richiamato tra questi monti viaggiatori e studiosi, subito conquistati dalla «grandiosità naturale illimitata» del paesaggio
Alba fucens

Pochi siti archeologici possiedono il fascino "agreste" di Alba Fucens, la città romana incastonata tra i prati e i boschi dell’alto territorio del Velino Sirente e il bacino del Fucino in Abruzzo (non esistono e non si vogliono recinzioni di sorta). Per secoli, nonostante la non immediata accessibilità del luogo, la sua sola fama letteraria ha richiamato tra questi monti viaggiatori e studiosi, subito conquistati dalla «grandiosità naturale illimitata» del paesaggio, al dire di Cesare Brandi.

 

A questa, gli scavi sinora effettuati hanno aggiunto un’altra emozione: quella di percorrere le strade lastricate dell’antico abitato, di entrare nelle domus e nelle botteghe, di gironzolare tra i resti del mercato e delle terme, di sedersi ad ammirare i riflessi del sole d’alta quota sulle pietre dei templi e del perfetto anfiteatro.

 

Una città fondata 304 anni prima di Cristo per controllare i territori delle temibili tribù italiche, con oltre cinquemila abitanti nell’epoca di massima espansione (nel primo secolo dopo Cristo) e la cui posizione appartata parve ideale per dare ospitalità – dorata quanto forzata – a prigionieri illustri come re Perseo di Macedonia o la regina Zenobia.

 

È diffìcile percepire l’importanza di questa sorta di "piccola Roma d’Abruzzo" dalle poche abitazioni e dai casolari agricoli che attualmente punteggiano la valle su cui essa si sviluppò; una valle compresa fra tre alture, due delle quali occupate nel Medioevo dal castello Orsini e dalla chiesa romanica di San Pietro, sorta sul tempio di Apollo (sulle mura sono ancora leggibili graffiti di epoca romana). Può darne tuttavia un’idea il rilevante numero di opere d’arce e manufatti in marmo e pietra, come pure in metallo, legno ed osso, rinvenuti in essa ed offerti all’ammirazione del pubblico nel museo archeologico di Chieti.

 

Del resto la campagna di scavo è lungi dall’essere completata. Un grande progetto in attesa dei finanziamenti dovrebbe, prima o poi, consentire l’esplorazione integrale del sito. Si aggiungeranno così nuove tessere ad un mosaico ancora incompleto, ma anche così quanto mai affascinante.

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