Al via “Go!2025”, con lo sguardo al Giorno del ricordo

Avrebbe dovuto essere, e lo è stato, la celebrazione di come l'amicizia e la solidarietà nel segno della cultura possano abbattere un confine considerato invalicabile fino agli anni '90; ma quanto accaduto nella notte precedente alla foiba di Basovizza, dove sono apparse scritte inneggianti ai partigiani titini, ha dato un significato ancor più profondo alle parole dei presidenti della Repubblica intervenuti all'inaugurazione della Capitale europea della Cultura a Gorizia e Nova Gorica
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la Presidente della Repubblica di Slovenia Natasa Pirc Musa, attraversano il confine, in occasione dell'inaugurazione della "Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera GO 2025!, 08 febbraio 2025. NPK ANSA / Paolo Giandotti - Ufficio Stampa per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

«In un mondo segnato da tensioni e conflitti crescenti, un mondo che ha abbandonato la cooperazione come elemento fondamentale della vita internazionale, la Slovenia e l’Italia hanno dimostrato che la strada della cooperazione è ancora un’opzione valida. Nella tragedia della Seconda guerra mondiale, un sopravvissuto ad Auschwitz, Roman Kent, ha osservato: “Non vogliamo che il nostro passato sia il futuro dei nostri figli”. Con questo spirito abbiamo affrontato le pagine del dopoguerra, per scrivere una nuova storia». Sono forse queste, all’interno del più ampio discorso pronunciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, le parole che meglio esprimono lo spirito con cui si è inaugurato sabato 8 febbraio l’anno di Gorizia-Nova Gorica capitali europee della Cultura. “Go!2025”, questo il nome dato al progetto, si è posto sin dalla sua presentazione come unicum nel suo genere, nell’unire nel segno della cultura due parti di una città che per decenni erano state divise da un confine invalicabile. «Essere la prima Capitale europea della cultura transfrontaliera – ha ancora affermato il presidente della Repubblica – significa avere il coraggio di essere portatori di luce e di fiducia nel futuro del mondo, in un momento in cui si diffondono ombre, incertezze, paure. Significa indicare la strada del vero progresso. È un compito che inizia oggi».

Con lui c’era la sua omologa slovena, Nataša Pirc Musar, che ha parlato dell’8 febbraio come di un giorno che «resterà impresso nei nostri cuori come una giornata storica in cui si celebra una visione secolare di pace, libertà, buoni rapporti di vicinato e rispetto reciproco. […] Nova Gorica, insieme alla vicina Gorizia, accoglie con consapevolezza e orgoglio la responsabilità del titolo di Capitale europea della cultura. Unite come un unico agglomerato urbano, siamo testimoni del nostro passato, ma soprattutto custodi di un futuro condiviso. Ci impegniamo a garantire alle generazioni future, alle nostre figlie e ai nostri figli, pace, libertà e creatività, senza mai negare né opprimere gli stessi diritti agli altri. Ecco perché questa Capitale europea della cultura è così speciale e di rilevanza storica».

Non si poteva non notare come, pur senza nominare esplicitamente i “temi caldi” dell’attualità, il discorso di entrambi e presidenti – e quello di Mattarella in particolare – fosse ricco di moniti per la situazione che stiamo vivendo. Il riferimento alla «comune identità europea» fatto da Mattarella non può non fare il paio con il “no al vassallaggio dell’Europa” da lui pronunciato al conferimento della laurea honoris causa all’Università di Aix-en-Provence, pochi giorni prima; mentre più di qualcuno ha notato la coincidenza con il suo appello a combattere ancora «gli orrori del nazionalismo», mentre nelle stesse ore a Madrid si riunivano le destre sovraniste sotto lo slogan di “meno Europa, più libertà”. «Le differenze hanno lasciato il posto a fattori che uniscono: questo esprime il grande valore storico dell’Europa. […]. Nulla può far tornare indietro la storia che Slovenia e Italia hanno costruito e costruiscono insieme», ha affermato.

Operai ripuliscono la foiba imbrattata con scritte offensive nella notte a Basovizza, 8 febbraio 2025.
ANSA/ALICE FUMIS

Un’affermazione che voleva fare riferimento anche ad un episodio avvenuto la notte precedente, e che esemplifica come in queste zone il cammino di riconciliazione non sia ancora pienamente compiuto. Alla foiba di Basovizza erano infatti state ritrovate quella mattina alcune scritte – “Trst je naš”, Trieste è nostra, e “Smrt fasizmu, svoboda narodom”, morte al fascismo, libertà ai popoli –, motto dei partigiani titini, responsabili dell’aver gettato nelle foibe un totale di circa 5 mila italiani (ma secondo alcuni storici potrebbero essere fino a 10 mila) tra gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra. Un atto compiuto alla vigilia del Giorno del ricordo, che cade il 10 febbraio, e nel quale viene appunto fatta memoria di chi è stato ucciso o esiliato – non necessariamente per essere stato implicato negli atti compiuti dai fascisti ai danni delle popolazioni slave, ma anche per il semplice fatto di essere italiano. La vernice rossa con cui sono state tracciate le scritte, peraltro, pare essere tanto tenace quanto la memoria di quanto accaduto allora: gli operai intervenuti per cancellarle non sono infatti riusciti nel loro intento, e così si è dovuto rimediare coprendole con vernice bianca.

Il fatto che lo sfregio della foiba sia avvenuto poche ore prima dell’inaugurazione di “Go!2025” ha così dimostrato come il tema della faticosa ricucitura del confine non sia vuota retorica, ma questione ancora calda in questi luoghi: ci sono ancora in vita persone che hanno subito, da parte fascista o da parte titina, persecuzioni e violenze; nonché esuli giuliani e dalmati che ancora riportano sulla propria carta d’identità come nazione di nascita l’Italia, ma come città di nascita un luogo che oggi si trova in Slovenia o in Croazia. «Sappiamo che in tutta Europa ci sono ancora rigurgiti di quelle ideologie che hanno lacerato il ‘900, come testimoniano, da un lato, gli episodi di antisemitismo e, dall’altro, gli sfregi lasciati nei giorni scorsi alla foiba di Basovizza – ha evidenziato il giorno successivo l’assessore regionale al Patrimonio, Sebastiano Callari, in occasione della cerimonia per il Giorno del Ricordo proprio nel capoluogo isontino –; ma a Gorizia ieri, in occasione della cerimonia di apertura Go!2025, ha prevalso un altro spirito, che è quello di un futuro di convivenza pacifica transfrontaliera e di una nuova amicizia».

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