Al timone della crisi
È un momento di grande prova e confusione. In questi frangenti si può capire l’architettura istituzionale pensata dall’Assemblea costituente, che volle una figura di garanzia da mettere al timone tra le onde delle crisi: il presidente della Repubblica.
Con le dimissioni dei membri del governo aderenti a Fli, la crisi è conclamata ed è da portare in Parlamento subito dopo il voto delle leggi di bilancio e di stabilità. Sui suoi esiti, il mondo politico è diviso tra chi invoca lo scioglimento delle Camere (o addirittura di una sola) e le elezioni subito e chi pretende invece di esplorare le possibilità di formare un nuovo governo. Quale? Difficile dirlo, anche se le possibilità non sono poi molte. Un governo a guida Berlusconi o di altro politico del centro-destra, con base parlamentare allargata (ipotesi pratica), è al momento reso difficile dal veto leghista nei confronti dell’Udc; mentre (ipotesi teorica) un governo a guida “tecnica”, cioè di una personalità fuori dal Parlamento, come lo furono Ciampi e Dini, per esempio, è malvisto dai più giacché la sua maggioranza sarebbe estesa anche alle opposizioni di sinistra (“il ribaltone”), mentre ancora più lontano appare il “governo di unità nazionale” cui dovrebbero partecipare sia Pdl che Pd, oltre alle forze minori.
In ogni caso, si tratta di valutazioni di pertinenza del presidente della Repubblica, cui compete decidere secondo Costituzione e sulla base delle consultazioni con i presidenti di Camera e Senato, gli ex-presidenti della Repubblica, e le delegazioni dei gruppi parlamentari. Nelle crisi, da ognuno di questi soggetti proviene al capo dello Stato un’indicazione che gli consente di rendersi conto se in Parlamento permane o no una maggioranza per dare vita ad un nuovo governo, e di che tipo; inoltre solitamente acquisisce una rosa di nomi per l’eventuale incarico. Il presidente Napolitano si è già dato da fare, convocando al Quirinale i presidenti di Camera e Senato per una prima valutazione.
È un momento di grande prova e confusione. In questi frangenti si può capire l’architettura istituzionale pensata dall’Assemblea costituente, che volle una figura di garanzia da mettere al timone tra le onde delle crisi. Il Paese resti quindi unito e idealmente vicino al presidente Napolitano, che lo rappresenta tutto, perché possa esercitare al meglio la sua impegnativa responsabilità.