Al di là dei giudizi
La capacità di emettere giudizi si sviluppa molto presto nella nostra vita. Già nei primi anni, infatti, il bambino inizia ad esprimere pensieri e opinioni su ciò che incontra nel proprio mondo, mostrando di avere preferenze e inclinazioni che lo rendono unico. Diventando adulti, questa capacità si affina, diventiamo capaci di confrontare, analizzare le situazioni, prevedere, costruire aspettative e verificare se vengono soddisfatte o meno.
Anche nel campo delle relazioni cerchiamo di essere dei bravi valutatori. Non appena entriamo in contatto con una persona nuova, osserviamo il suo comportamento, il suo modo di parlare, e immediatamente il nostro cervello comincia a costruire valutazioni e interpretazioni sulla base di ciò che abbiamo osservato. Dalle informazioni raccolte cerca di ricavarne delle altre: che intenzioni ha questa persona? È simile a me? Posso fidarmi di lei? Spesso utilizziamo delle categorie per definire la persona, ad esempio ne valutiamo la gentilezza, la disponibilità, l’apertura mentale. Queste categorie possono essere concepite in modo rigido, in termini di bianco o nero, oppure in modo più sfumato, riuscendo a cogliere delle “scale di grigio” all’interno di esse.
In ogni caso, che lo vogliamo o no, il nostro cervello produce dei giudizi sugli altri, lo fa in modo automatico, spesso senza che noi ce ne rendiamo conto. Anzi, stando attenti, ci accorgeremo che lo fa anche con noi stessi. E come ci giudica!
Avere delle “menti giudicanti” è dunque normale, non rappresenta un difetto di fabbrica. Uno degli scopi di questa attività di giudizio è aiutarci a risolvere problemi e ad orientare le nostre azioni. Cerchiamo infatti di bilanciare il desiderio di vivere esperienze positive, costruttive, gratificanti con il bisogno di proteggerci dall’essere giudicati negativamente, da fallimenti relazionali, o delusioni. Tendiamo così ad avvicinarci o ad allontanarci dall’altro in funzione di questo delicato equilibrio. Attraverso i giudizi e le valutazioni che abbiamo costruito su una persona, formuliamo nella nostra mente delle indicazioni chiare su come interagire con lei: «Cosa posso dire di me? Quanto posso aprirmi? Fino a che punto posso mettermi in gioco nella relazione?».
Questo processo dunque è funzionale. È però importante capire se e quando questa attività giudicante della nostra mente può diventare un ostacolo per le nostre relazioni.
Un primo aspetto da valutare è la consapevolezza. Siamo consapevoli che la nostra idea dell’altro è frutto di un lavoro della nostra mente, che ha interpretato gli eventi e gli stati d’animo ad essi associati? Oppure scambiamo queste idee per fatti?
È utile ricordare sempre che la nostra mente, come tutte le menti umane, ha una visione parziale della realtà, che va rispettata ma non coincide con la verità.
Per quanto possiamo essere certi di conoscere perfettamente una persona, non riusciremo mai a comprendere fino in fondo quel mix complesso e multiforme di esperienze ed emozioni che caratterizzano la sua storia e il suo mondo interiore.
Un altro aspetto di cui essere consapevoli è questo: nel produrre i nostri giudizi siamo influenzati dalle emozioni che noi stessi stiamo provando. Quando siamo tristi, ad esempio, tenderemo ad emettere giudizi coerenti con quello stato d’animo. Anche la nostra sensibilità può variare molto da una situazione all’altra. Può accadere ad esempio che le parole di una persona ci feriscano particolarmente perché risvegliano in noi un’emozione dolorosa che viene dal nostro passato.
Un secondo punto è la flessibilità. Se siamo eccessivamente attaccati a i nostri giudizi, e non siamo disposti a distanziarci da essi di tanto in tanto, questi pensieri diventano per noi come un recinto rigido che ci impedisce di muoverci e di guardare la realtà in modo attento e sensibile. Perdiamo così la capacità di fare esperienze nuove e di lasciarci sorprendere dall’altro.
Un ultimo ma importante aspetto è la libertà dai nostri giudizi. Quanto siamo liberi di andare al di là dei nostri pensieri? Siamo capaci cioè di agire in maniera diversa, persino contraria rispetto a quello che i nostri pensieri ci suggeriscono? Possiamo, ad esempio, scegliere di essere gentili con una persona, pur avendo un giudizio negativo nei suoi confronti?
Pur non potendo impedire alla nostra mente di emettere giudizi (spesso lo fa in automatico!) possiamo sempre scegliere quale direzione dare al nostro agire, senza lasciare che le opinioni accumulate nel tempo deviino la nostra rotta. Perché al di là dei nostri pensieri e delle nostre aspettative, c’è l’altro e la possibilità di un nuovo incontro, mai del tutto prevedibile.