Al festival Ars Amando

Al festival Ars Amando

Piccolo, ma destinato a crescere, condensato in due soli giorni, ha fatto capolino l’ultimo dei festival estivi, “Ars Amando” fra gli appuntamenti più interessanti delle arti sceniche per la qualità delle proposte. Performance di danza urbana, e giovani compagnie teatrali, di cui alcune marchigiane, si sono succedute negli spazi all’aperto e al chiuso dell’incantevole borgo di Amandola, che si è affollato ulteriormente per la lettura teatrale di Alessandro Preziosi su poesie di Pavese.

Reduce dal Napoli Teatro Festival, è arrivato Fatto di cronaca, di Raffaele Viviani, che il regista Arturo Cirillo ha allestito con i ragazzi di Scampia di Punta Corsara. Scritto nel 1922, il testo dell’autore partenopeo si aggancia alla realtà di cui, purtroppo, è sempre piena la cronaca d’oggi e nella quale vivono gli allievi-attori della periferia napoletana. Guidati dal regista stabiese, e con la presenza di due attori professionisti, sono loro i veri protagonisti. Bravissimi tutti, ma con una menzione particolare per Vincenzo Nemolato, lo “Scemulillo”, centro della vicenda, testimone ingenuo di un delitto (omicidio o disgrazia) a sfondo passionale. Attorno al malcapitato si muove un microcosmo umano che lo condiziona nel rivelare o meno la verità dei fatti a cui ha assistito, diventando capro espiatorio di un mondo di furbizie, spietatezze e sotterfugi. Dall’interno di una terrazza addobbata per una festa, si passa sulla strada dove, attorno al corpo morto della donna fedifraga precipitata dal terrazzo, Viviani convoca a commentare l’accaduto un coro di personaggi. Il terzo atto si svolge dentro la casa povera di Scemulillo che si affollerà sempre più fino all’epilogo con invasione di poliziotti.

In un’ambientazione minimale e stilizzata, Cirillo restituisce visionarietà al testo e lo allontana dalla trappola della rappresentazione naturalistica. Imprime ritmo e coralità allo spettacolo, divertendoci con quell’intelligenza scenica che lo contraddistingue.

Fra le altre proposte, il terzo studio Di una specie cattiva del Teatro Rebis, ricco di immagini e atmosfere lunari, con la performer Silvia Sassetti. Dall’iniziale cumulo da dove affiora, alla plasticità di un corpo sempre in trasformazione che fa emergere, tra sonorità, voci e visioni, l’universo poetico della scrittrice americana Sylvia Plath.

Non ha convinto il Don Chisciotte della compagnia Vicolo Corto. Con al centro un’altalena basculante che funge da cavallo e da asino, Sancio si divide in tre interpreti – marionette staccate dal muro al quale ritornano –, ma non aggiunge nessuno sguardo nuovo all’universo immaginifico del personaggio di Cervantes.

Più contemporaneo After the end del Teatro Argo. Il testo claustrofobico di Dennis Kelly, ci offre una spietata analisi dell’incomunicabilità tra due esseri umani costretti dentro un bunker, che conoscono il solo linguaggio della sopraffazione per sentirsi amati ed accettati dall’altro. Incalzante come un thriller, la messinscena si appesantisce per la prolissità dei dialoghi che potrebbero benissimo ridursi alla metà senza far perdere senso e ritmo al testo.

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