Čajkovskij fanciullo di vetro

Fino al 20 luglio, alle Terme di Caracalla a Roma, Il lago dei cigni, uno spettacolo riuscito e coinvolgente diretto da Andrey Anikhanov
il lago dei cigni

La stagione estiva alle Terme di Caracalla, a Roma, continua con il balletto Il lago dei cigni del compositore russo. Si sa che l’opera alla prima esecuzione non ebbe successo, il quale è arrivato solo dopo la morte dell’autore, cioè dopo il 1893. A parte le carenze esecutive della prima rappresentazione, riascoltando ancora una volta questa musica, si può comprendere la difficoltà del pubblico di allora di recepirla. Ma anche, a ben vedere, del pubblico attuale.

 

Al di là del fascino di una orchestrazione fantasiosa, ricca di colori e di ritmi, adatti a sostenere il balletto sul palcoscenico, questa musica è uno specchio di fragilità emotiva. Il sentimento, che ne è l’assoluto protagonista, è così acceso, talmente scoperto – attraverso la storia arcinota dei due cigni “bianco” e “nero” e del principe che se ne innamora – da richiedere allo spettatore un coinvolgimento personale che non sempre si può sostenere. Si va a teatro, in fondo, anche per rilassarsi…

 

Ma con questa musica ci si distende solo se, come in Wagner, su un altro piano, ovviamente – ci si lascia prendere totalmente. Allora, la storia del principe Siegfried e del cigno che si lascia morire per amore finisce per diventare anche la nostra storia. Ci si scopre, come Čajkovskij, fanciulli di vetro. Trasparenti ma fragili. E nel violino e nell’oboe, strumenti di vita e di morte, di una tenerezza drammatica sconvolgente, si “risente” cosa sia l’amore e cosa richieda.

 

Ovviamente, la musica scintilla, sempre varia e nuova, perché l’ispirazione è prepotente. Ed anche sul palcoscenico di Caracalla, tra le rovine maestose che sfidano l’eternità, con la coreografia di Galina Samsova ripresa da quella celebrata di Marius Petipa e Lev Ivanov, nonostante la essenzialità scenografica, sono i corpi leggiadri dei danzatori a dire insieme alla musica questa che è una delle più belle storie d’amore. Igor Yebra, elegante e musicale nel gesto e negli scatti, è un Siegfried nobile come un hidalgo spagnolo, di aristocratico controllo ritmico. Oksana Kucheruk è una Odile/Odette di una grazia da farfalla, che volteggia sul palco, aerea.

 

L’orchestra del Teatro dell’Opera segue con attenzione il gesto preciso, senza enfasi, di un direttore esperto del repertorio come Andrey Anikhanov. Privo di scenografie rutilanti, lo spettacolo conta soprattutto sulla musica. Dell’orchestra e dei corpi. Spettacolo riuscito, Čajkovskij sorprende ancora. Fino al 20/7

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