Aiutiamoli a casa loro. Il parere di don Biancalani
Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro (Pistoia), era fino a un mese fa un sacerdote come tanti, poi un post su Facebook ha scatenato su di lui una tempesta mediatica.
La dichiarazione del parroco riprendeva una storica frase di don Milani accompagnandola alla foto di alcuni giovani richiedenti asilo, felici e giocosi, accolti in una piscina nel pieno della calda estate. Come avviene spesso sui social media, è arrivata una cascata di commenti a sfondo razzista, fino alla promessa (mantenuta) di Forza Nuova di recarsi nella parrocchia di don Biancalani per “vigilare sulla sua ortodossia”. Sulla questione cittanuova.it ha riportato un significativo intervento di Massimo Toschi.
La vicenda ha catturato l’attenzione dei media locali e nazionali e il sacerdote di Vicofaro è diventato un simbolo della lotta al pregiudizio e alla discriminazione. Richiestissimo per interviste ed eventi, don Massimo ha preso parte anche alla prima giornata di “Sincronie 2”, il progetto sulla cittadinanza attiva patrocinato dal Comune di Prato presso il teatro Magnolfi dall’11 al 13 settembre. È stata così l’occasione per porgergli alcune domande.
Il suo post è stato ampiamente discusso e criticato, qual è stata la critica che le ha fatto più male?
La critica più dolorosa è stata quella di chi afferma che ho voluto cercarmi notorietà. Ho con i ragazzi un rapporto strettissimo, molti mi chiamano “babbo”, e io racconto semplicemente tutte le esperienze che facciamo caricando su Facebook le nostre foto. Una critica del genere ferisce profondamente.
Si aspettava maggiore solidarietà dai suoi confratelli o dai superiori?
In queste situazioni ti aspetti sempre solidarietà, vicinanza, che devo dire in parte c’è stata: preti amici mi hanno chiamato e lo stesso hanno fatto il cardinal Montenegro e don Luigi Ciotti, che mi ha spronato ad andare avanti sulla strada dell’accoglienza. Resta però un po’di rammarico perché queste manifestazioni di solidarietà sono comunque state poche.
Le reazioni al suo post hanno messo in luce un atteggiamento di intolleranza più radicato in Italia di quanto si potrebbe pensare. Che cosa si può fare, secondo lei, per cambiare qualcosa?
Innanzitutto informarsi, non accontentarsi delle poche cose che si vedono in televisione, spesso insufficienti se non addirittura strumentalizzate. Poi studiare, conoscere le origini dei flussi migratori e conoscere anche le persone, associare il tema dell’immigrazione a un volto, altrimenti si resta sempre nel solito stereotipo del migrante cattivo, sporco e fannullone.
Crede che l’ormai popolare “aiutiamoli a casa loro” possa dare qualche risultato?
Il principio in sé è giusto, ma il sistema economico internazionale ha sempre sfruttato i loro territori e tuttora le grandi multinazionali depredano l’Africa. Ora come ora “aiutarli a casa loro” significa accoglierli e dare loro un lavoro qui, perché i ragazzi, appena hanno qualche soldo, lo mandano ai loro familiari. Aiutare i migranti in Italia è il modo migliore per aiutare le loro famiglie in Africa.
Quali attività riempiono le giornate dei suoi ragazzi?
I ragazzi in primo luogo studiano l’italiano, perché senza sapere la lingua è impossibile trovare lavoro e integrarsi. Nel tempo libero dallo studio frequentano dei corsi e svolgono dei lavoretti in parrocchia. In particolare si dedicano alla sartoria, alla panificazione e alla cura di un orto biologico.
Che cosa ha pensato quando ha letto l’annuncio di Forza Nuova?
Il primo pensiero è andato alle sciocchezze contenute in quel post. Come ho detto più volte, l’unico a poter sindacare sulla mia ortodossia è il vescovo, quindi ho provato un misto di meraviglia e stupore, ma nel momento in cui la cosa si è concretizzata anche un certo allarme. Loro sono effettivamente venuti e anche se la Messa si è svolta senza intoppi, la preoccupazione c’è. Non sono quattro gatti, come dice qualcuno, ma a Pistoia alle comunali hanno ottenuto l’8% e se certi personaggi iniziano a pretendere di entrare nelle chiese per intimidire i parroci che si impegnano nel sociale la situazione è preoccupante.
Per concludere, cosa si sente di dire ai giovani che vivono in una società in continuo cambiamento?
Devono capire che la nostra società sarà sempre più multietnica. Noi italiani non siamo abituati a questo, ma la società del futuro sarà così e i ragazzi devono guardarvi non con apprensione ma con fiducia. Devono imparare a considerare l’incontro con il diverso come una possibilità di arricchimento e aprirsi al dialogo, perché se ci chiudiamo in noi stessi perdiamo la nostra umanità.