Per aiutare la pace
Le immagini che provengono dalla Colombia, i milioni di messaggi inviati nei social network da quel Paese, dove papa Bergoglio è atterrato dribblando con l’aereo Alitalia l’uragano Irma che sta imperversando nel Mar dei Caraibi, raccontano un incontro più che caloroso, un abbraccio più che commosso, una comprensione più che immediata tra il primo papa sudamericano della storia e una delle nazioni più cattoliche del continente. Al di là delle polemiche e possibili incomprensioni, da taluni paventate, è apparso a tutti chiaro che tra il popolo colombiano e papa Francesco la scintilla è scoccata.
Eppure prima di arrivare a Bogotá, Bergoglio non ha dovuto evitare solo l’uragano Irma, ma almeno tre altri uragani legati alla sua figura e alla storia del Paese che lo ospita. Un ciclone politico, innanzitutto, poi uno ecclesiale, e infine uno sociale.
Il primo è forse il più evidente, legato com’è al processo di pace in corso, iniziato con gli accordi di L’Avana tra il governo colombiano e le Farc, che è valso tra l’altro il Premio Nobel al presidente Santos e al suo predecessore Uribe, entrambi già ricevuti in Vaticano dal papa il 16 dicembre 2016. La popolazione è in grandissima maggioranza per la pace, nessun dubbio al riguardo, dopo più di 50 anni di guerra. Ma metà, più o meno, rifiuta il perdono e la “giustizia riparativa”, cioè l’amnistia. Il recente referendum aveva come pomo della discordia proprio quest’aspetto della cancellazione delle possibili condanne per reati commessi negli anni della guerra. Il papa vuole riaffermare non il principio di una pace perfetta e definitiva, ma quella della pace come processo che avanza lentamente ma sicuramente. Ha detto il papa alle autorità: «Questo incontro mi offre l’opportunità di esprimere l’apprezzamento per gli sforzi compiuti, negli ultimi decenni, per porre fine alla violenza armata e trovare vie di riconciliazione. Nell’ultimo anno certamente si è progredito in modo particolare; i passi avanti fanno crescere la speranza, nella convinzione che la ricerca della pace è un lavoro sempre aperto, un compito che non dà tregua e che esige l’impegno di tutti. Lavoro che ci chiede di non venir meno nello sforzo di costruire l’unità della nazione e, malgrado gli ostacoli, le differenze e i diversi approcci sul modo di raggiungere la convivenza pacifica, persistere nella lotta per favorire la cultura dell’incontro, che esige di porre al centro di ogni azione politica, sociale ed economica la persona umana, la sua altissima dignità, e il rispetto del bene comune. Che questo sforzo ci faccia rifuggire da ogni tentazione di vendetta e ricerca di interessi solo particolari e a breve termine».
Il secondo uragano è invece ecclesiale, e riguarda più da vicino Francesco. Gran parte della Chiesa colombiana, infatti, dai vescovi al clero e ai laici, è notoriamente conservatrice e legata alle tradizioni liturgiche e sacramentali più che all’impegno sociale della Chiesa o alla dimensione ecumenica, avendo per di più legato il proprio sviluppo e la propria tranquillità al potere politico di Uribe. Ora, Bergoglio è tutto salvo che un conservatore, e le sue prese di posizione non sembrano andare a genio a una parte della popolazione colombiana, quella galvanizzata da un leader come José Galat, direttore di Teleamiga, le cui trasmissioni popolarissime attaccano questo papa, soprattutto nelle sue posizioni sulla famiglia e sulla critica ai poteri di ogni genere, al punto che l’episcopato locale lo ha dovuto condannare duramente. Ha detto Bergoglio ai vescovi, su questo sfondo di divisione: «Custodite dunque, con santo timore e con commozione, quel primo passo di Dio verso di voi e, per mezzo del vostro ministero, verso la gente che vi è stata affidata, nella consapevolezza di essere voi stessi sacramento vivente di quella libertà divina che non ha paura di uscire da sé stessa per amore, che non teme di impoverirsi mentre si dona, che non ha necessità di altra forza che l’amore». E più avanti: «Che cosa di più forte potete offrire alla famiglia colombiana della forza umile del Vangelo dell’amore generoso che unisce l’uomo e la donna, rendendoli immagine dell’unione di Cristo con la Chiesa, messaggeri e custodi della vita? Le famiglie hanno bisogno di sapere che in Cristo possono diventare alberi frondosi capaci di offrire ombra, di dare frutto in ogni stagione dell’anno, di ospitare la vita tra i loro rami. Sono molti oggi quelli che rendono omaggio ad alberi senza ombra, infecondi, a rami privi di nidi. Per voi, il punto di partenza sia la testimonianza gioiosa che la felicità sta altrove».
Il terzo uragano è sociale. La società colombiana conta una minoranza di ricchissimi e una maggioranza di gente povera. Per di più, la minoranza si professa cattolicissima, meno la maggioranza dei poveri, spesso costretta in condizioni di sopravvivenza. Le parole del papa a riguardo dei poveri, della condanna dei poteri economici e finanziari e dei latifondisti sono chiarissime. Sempre ai vescovi, in un discorso lungo e appassionato, Bergoglio ha enumerato le piaghe della Colombia: « La Colombia ha bisogno del vostro sguardo, lo sguardo proprio, tipico di Vescovi, per sostenerla nel coraggio del primo passo verso la pace definitiva, la riconciliazione, verso il ripudio della violenza come metodo, il superamento delle disuguaglianze che sono la radice di tante sofferenze, la rinuncia alla strada facile ma senza uscita della corruzione, il paziente e perseverante consolidamento della res publica, che richiede il superamento della miseria e della disuguaglianza». Certamente su quest’aspetto il papa parlerà ancora.
Naturalmente da subito è apparso come il papa sia arrivato in Colombia non per giudicare ma per portare la misericordia di Gesù. Non è venuto tanto per denunciare, quanto per rassicurare il popolo di Dio. Il papa vuole portare il “metodo” della pace, progressiva, pur in mezzo alle discussioni e ai conflitti, per il maggior bene “progressivo” della società.