Aissa e il sogno di un mondo senza violenze

Vittima di abusi e costretta a un matrimonio forzato precoce, Aissa Doumara Ngatansou è diventata leader nella lotta per la difesa delle donne.
L'attivista camerunese Aissa Doumara Ngatansou riceve il premio Simone Veil, al Palazzo dell'Eliseo, a Parigi, venerdì 8 marzo 2019. (Foto AP/Thibault Camus, Pool)

«Sogno un mondo senza violenza in cui ragazze, donne, ragazzi e uomini possano vivere insieme nell’uguaglianza e nel rispetto reciproco. Un mondo in cui tutti possano esprimere il loro libero arbitrio senza essere repressi…». Furono queste le parole pronunciate da Aissa Doumara Ngatansou nel 2019 al momento di ricevere il Premio Simone Veil dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron.

Un riconoscimento illustre concessole per il suo impegno al servizio delle donne, lungo oltre 20 anni, «compiuto nel silenzio, contro l’obbrobrio. Lei si è indignata e non ha ceduto. Il suo – aveva affermato il presidente Macron – è un esempio di coraggio, quello di sfidare il peso delle tradizioni».

La storia di Aissa comincia a Yagoua, nel Nord del Camerun, nell’Africa centrale, in una famiglia musulmana. Sin da piccola, si accorge del diverso trattamento che le veniva riservato in casa per il solo fatto di essere femmina. Dopo aver perso la mamma, a 15 anni Aissa era stata promessa in sposa contro il suo volere dal padre e dalla sua famiglia. Il matrimonio era giunto l’anno seguente e a 18 anni la ragazza era diventata madre.

Aissa aveva però sfidato le convenzioni sociali e, invece di dedicarsi alla casa e alla famiglia, aveva deciso di continuare a studiare. «I miei genitori – ha raccontato Aissa ad un incontro sui media cattolici svoltosi a Lourdes, in Francia – hanno deciso di farmi sposare mentre le altre ragazze della mia età continuavano ad andare a scuola. Ero solo al secondo, terzo anno di college. La mia decisione è stata di rifiutare lo schema che era stato deciso per me di essere casalinga, moglie, madre…». Aissa è tornata a scuola subito dopo la nascita della prima figlia, nonostante l’opposizione dei suoceri, ed è riuscita a completare gli studi.

Successivamente, stanca delle violenze familiari, ha lasciato la propria casa. Anche la conversione al cattolicesimo, decisa quando ormai era adulta, è stata vista come uno strappo alle tradizioni della sua gente. Insieme ad altre amiche, Aissa è stata cofondatrice nella città di Maroua, nell’estremo Nord del Paese, dell’Associazione per la lotta contro la violenza sulle donne (Alvf) per sostenere le vittime e aiutarle a mettere fine ai matrimoni forzati e precoci, agli stupri, agli abusi sulle vedove, alle mutilazioni genitali femminili, e più in generale alle violenze di genere.

Un impegno che le è costato fatica, una formazione professionale costante e innumerevoli minacce, anche da parte delle famiglie delle donne soccorse. «Le situazioni di crisi, i conflitti, ma anche le conseguenze dei cambiamenti climatici – sottolinea Aissa – hanno gravi conseguenze anche sulle violenze sulle donne, esacerbandole».

E il Camerun, purtroppo, è poverissimo e si colloca al 151° posto (su 191 Paesi) per Indice di sviluppo umano. Il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, con alti tassi di mortalità, soprattutto infantile. Elevata anche la mortalità materna a causa della scarsa assistenza alle partorienti, sempre molto giovani: oltre il 25% delle donne, infatti, partorisce il primo figlio tra i 15 e i 19 anni.

Oltre alla povertà, il Camerun è oppresso dalla guerra civile al Nord Ovest e al Sud Ovest, mentre al Nord Est è sottoposto alle incursioni dei miliziani di Boko Haram, l’organizzazione terroristica jihadista che più volte ha rapito e seviziato gruppi di studentesse anche in Nigeria, Niger e Ciad. E proprio alle vittime di quei sanguinari terroristi, Aissa ha dedicato il premio Simone Veil. «Quello che facciamo ogni giorno – aveva affermato al momento di ritirare il riconoscimento – è ridare gusto alla vita», ripristinando tutti i diritti e i poteri che le donne hanno perso subendo violenze e abusi.

Tante le donne aiutate ogni anno, di tutte le età. Come la bambina di 12 anni che doveva sposarsi, per decisione della famiglia, ancor prima di frequentare le scuole medie o la ragazza di 20 anni sopravvissuta ai terroristi di Boko Haram, che le avevano annientato la famiglia. Lo stupro, gli abusi, ancora una volta sono stati usati come armi di guerra.

Il presidente della Francia Emmanuel Macron, a sinistra, l’attivista camerunense Aissa Doumara Ngatansou, al centro, e Brigitte Macron posano al termine della presentazione del premio Simone Veil, all’Eliseo, a Parigi, venerdì 8 marzo 2019. (Foto AP/Thibault Camus)

Nel corso della sua vita, Aissa è riuscita a trasformare la sua esperienza di dolore in un forte impegno di sensibilizzazione contro le violenze di genere e in un progetto di riscatto sociale, umano e culturale che ha coinvolto, in un ventennio, migliaia di donne. Oggi, a 51 anni, continua a lottare e a raccontare in tanti Paesi del mondo la sua storia e le iniziative messe in campo per promuovere un dibattito sociale e contribuire a restituire alle vittime delle violenze diritti e dignità.

Con la sua storia, Aissa si fa promotrice di un messaggio di pace e di rispetto sociale. La sua organizzazione è attiva nel contrastare le discriminazioni di genere radicate in una cultura che emargina le donne, in una società in cui le violenze di genere denunciate raggiungono percentuali altissime.

Accanto a queste, ci sono poi quelle sottaciute, non meno numerose. «Secondo i dati ufficiali ministeriali – aveva affermato Aissa – in Camerun una donna su due sperimenta la violenza una volta nella vita». Il 36% delle giovani donne, invece, sono costrette ad accettare matrimoni precoci e forzati. Questi, per l’attivista, espongono le bambine e le ragazze a tutte le altre forme di violenza: sessuali, economiche, psicologiche.

Secondo i dati, nel 2021 oltre il 50% dei minori, in Camerun, aveva subito abusi. A rendere più difficile la situazione è il perpetuarsi di pratiche tradizionali che continuano a diffondere comportamenti discriminanti e una mentalità che vedono la donna penalizzata in tutti i settori della vita: dal lavoro alla salute, dall’educazione alla famiglia.

I membri dell’associazione Alvf si impegnano per aiutare le ragazze e le donne che chiedono loro aiuto, accompagnandole anche in un percorso di riscatto sociale e lavorativo e di riconquista dei propri diritti. Secondo i dati dell’Unicef, nel mondo ci sono 132 milioni di ragazze che non vanno a scuola: 34,3 milioni dovrebbero frequentare le elementari, 97,4 milioni le medie. E la situazione è purtroppo peggiorata dopo la pandemia di Covid 19. 2,7 miliardi di donne – una cifra enorme! – non sono legalmente autorizzate ad esercitare le stesse funzioni degli uomini.

Le ragazze adolescenti in Africa hanno tre volte in più di probabilità di contrarre l’Aids rispetto ai coetanei maschi. Dei circa 781 milioni di adulti analfabeti nel mondo, quasi due terzi sono donne. Eppure, ricorda l’Onu, l’istruzione femminile è «la chiave per lo sviluppo sociale, politico ed economico di un Paese. Le ragazze istruite imparano a prevenire malattie come l’Hiv e la malaria, i loro figli sono più sani, meglio nutriti e andranno più spesso a scuola. L’istruzione è una delle più efficaci vie per uscire dalla povertà». E la storia di Aissa Doumara Ngatansou ce lo dimostra.

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