AIDS: a che punto siamo

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La giornata mondiale dell’Aids, celebrata di recente, ci ha fatto riflettere anche su alcuni dati. Sull’infezione da Hiv le novità salienti sono state esposte dal professor Rezza, dell’Istituto Superiore di Sanità. Dalla sua relazione si desume che vi è una stabilizzazione dei nuovi casi. Cambiano invece le modalità di contagio. Calano, infatti, i tossicodipendenti (53 per cento) che contraggono la malattia scambiandosi le siringhe; stabili rimangono gli omo e bi-sessuali (20 per cento), mentre sono in aumento gli eterosessuali (40 per cento). Se era prevedibile la riduzione dei casi di contagio nei tossicodipendenti, in coincidenza con il diminuito consumo di morfina e l’aumento di quello della cocaina e di altre droghe sintetiche, stupisce l’incremento dei casi d’infezione negli eterosessuali. Si tratta di soggetti che, vista l’età, dovrebbero essere più consapevoli. In questo gruppo, il numero di coloro che si accorgono in ritardo d’essere malati è aumentato rispetto al 1996. Di qui il pressante invito del ministro Sirchia di sottoporsi agli esami di rito al solo sospetto di essere incappati in una situazione a rischio. Com’era noto da tempo agli addetti ai lavori, notevoli progressi sono stati ottenuti con l’introduzione di nuovi farmaci anti-retrovirali nella terapia dell’Aids. Tuttavia questo dato positivo è controbilanciato dal fatto che quattro persone su sei abbandonano la terapia, in parte perché le regole imposte sono inconciliabili con lo stile di vita dei tossicodipendenti e degli omosessuali, in parte per la sua complessità e per l’alto costo. Speriamo che l’uso di tre farmaci anziché quattro, ugualmente efficace, come sembra da studi recentissimi resi noti nel dicembre dell’anno scorso, riduca il numero di coloro che interrompono la cura. Un altro limite della terapia è rappresentato dal fatto che esseri curati non significa guarire completamente. L’aumento della speranza di vita ed il miglioramento delle condizioni generali coincide purtroppo anche con un maggior numero di persone che fungono da serbatoio della temibile infezione. Di fronte a questa situazione non si può ignorare che la castità rappresenta la forma più sicura di prevenzione, come hanno ribadito il ministro della Sanità della Santa Sede e i vescovi dell’Africa, il continente più colpito dall’Aids. Le prospettive a lungo termine rimangono quelle della vaccinazione, sia tradizionale, sia con l’alimentazione. Sono in corso, infatti, tentativi di trasferimento di frazioni del virus inattivate, nei pomodori, nelle carote, nelle banane, mediante le discusse tecniche di modificazione genetica. Se questa sperimentazione avesse successo avremmo un primo esempio di vaccinazione mediante alimenti, con auspicabili vantaggi per le popolazione dei paesi in via di sviluppo. I finanziamenti per la ricerca di base, invocata dal presidente della Repubblica ripetutamente, potrebbero accelerare la realizzazione di un vaccino contro l’Hiv. Nel frattempo è bene prendere coscienza del fatto che certe competenze spettano soprattutto allo Stato. Le case farmaceutiche, com’è noto, lavorano nel campo della ricerca soprattutto per la realizzazione di nuovi farmaci. Cosa che nel caso specifico hanno fatto rapidamente.

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