Agostino in tre tappe

Milano, Ostia, Pavia: luoghi dove è possibile “incontrare” colui che molti considerano il più grande tra i Padri e dottori della Chiesa

Anch’io nelle mie letture caotiche dell’adolescenza mi sono imbattuto in grandi autori che rispondevano al bisogno di autenticità tipico di questo periodo, passando dai romanzieri russi al sant’Agostino delle Confessioni. A proposito di questa figura così vicina all’uomo moderno per l’appassionata ricerca della verità e il desiderio di pace in un’epoca segnata da catastrofi mondiali, proprio ora finisco di leggere una sua biografia appena edita dalla Queriniana: Agostino genio e santo, che m’ha fatto ripercorrere l’intera sua vicenda: da giovane retore di provincia a comunicatore ricercato per il suo talento, a pastore instancabile nel tentare di riportare all’ovile cattolico gli eretici e scismatici che dilaniavano la Chiesa del IV secolo.

Quale l’attrattiva principale di questo testo, oltre al fatto che procede cronologicamente situando il personaggio nel suo contesto storico? Lo dichiara lo stesso autore Klaus Rosen: «Se di solito si rivolge l’attenzione principale alla filosofia o alla teologia di Agostino (la sua biografia è una chiave formidabile per capire la sua teologia), io ho cercato sempre di far parlare lo stesso Agostino».

Leggerlo, fra l’altro, mi ha ricordato le visite fatte ad alcuni luoghi legati al soggiorno in Italia dell’irrequieto figlio di Monica e Patrizio: tre tappe sulle sue tracce.

La prima è Milano, dove nel 384 Agostino ottenne, sembra con l’aiuto del prefetto di Roma Simmaco, la cattedra vacante di retorica. Fu in questa metropoli, all’epoca capitale dell’Impero, che maturò la sua conversione: prima, ascoltando i sermoni del vescovo Ambrogio; successivamente in un colloquio a tu per tu con lui ottenutogli dalla madre trepidante per il travaglio interiore del figlio; e più tardi, ascoltando dall’amico Ponticiano la vita casta dei monaci e di Antonio abate.

Si situa a questo punto delle Confessioni la celebre scena del giardino dove una voce infantile lo spinse a leggere il brano di san Paolo che lo convinse ad abbracciare il cristianesimo. E finalmente il battesimo, dopo un periodo di ritiro in Brianza, insieme alla madre, al figlio Adeodato e ad alcuni amici.

Anni fa visitai sotto piazza del Duomo i resti del battistero di San Giovanni alle Fonti, dove il giovane catecumeno ricevette il lavacro battesimale dalle mani del vescovo Ambrogio la notte tra il 24 e il 25 aprile 387, sabato santo. Ciò che è visibile risale ai restauri dei secoli successivi, ma la forma ottagonale sia dell’edificio sia della vasca centrale – nella simbologia cristiana il numero otto sta a indicare la resurrezione di Cristo e quella finale dei giusti – è rimasta la stessa del periodo ambrosiano. Notevole doveva essere la ricchezza dell’apparato decorativo del monumento, a giudicare dalle tessere di mosaico e dai marmi rinvenuti negli scavi ed ora esposti in alcune vetrine insieme a monete, gioielli ed altri reperti.

A breve distanza dal battesimo di Agostino e pochi giorni prima dell’ultima malattia di Monica, nella tarda estate del 387, troviamo madre e figlio a Ostia, in attesa di imbarcarsi alla volta dell’Africa, dove il neoconvertito meditava di fondare un sodalizio spirituale con i più stretti amici e discepoli.

Nelle mie visite all’antico porto di Roma ho sempre riletto il brano delle Confessioni in cui Agostino, rivolgendosi a Dio, narra di sé e della madre: «Accadde […] che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c’eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità – vale a dire alla tua presenza. L’argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell’uomo…».

Impossibile identificare il luogo del colloquio contemplativo in cui, risalendo dalle cose create alla divina Sapienza, madre e figlio pregustarono per un solo istante la gioia del paradiso: del resto l’area archeologica è solo parzialmente scavata. Ma a me piace collocare la scena all’interno delle cosiddette “case a giardino”, un complesso di età adrianea (circa 130 d.C.) che ha anticipato soluzioni architettoniche moderne. Si tratta di un caseggiato che circonda un vasto cortile-giardino nel quale prospettano, a loro volta, altri due blocchi edilizi. Questo complesso di alloggi ariosi e pieni di luce, sorto in un quartiere periferico inizialmente per gli appartenenti ad una classe agiata, nell’anno del passaggio di Agostino sembra fosse adibito almeno in parte ad uso affitto: ben si prestava dunque, quest’area residenziale appartata, ad ospitare il futuro vescovo di Ippona con i suoi in attesa d’imbarco.

Sappiamo anche come, affranto per la morte della madre, egli cercò sollievo ricorrendo ad un bagno. Ed ecco che a pochi passi dalle “case a giardino” esiste un vasto complesso termale anch’esso di epoca adrianea, le cosiddette Terme dei Sette Sapienti. Cosa vieta di pensare ad esso come al luogo dove Agostino tentò di mitigare l’affanno del cuore?

L’ultima tappa ci riporta in Lombardia, terra della sua conversione. Anni fa m’ero recato a Pavia per intervistare il noto scrittore Mino Milani. Visitando quel gioiello di epoca romanica che è la basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, ebbi la sorpresa di imbattermi nelle spoglie di Agostino custodite in una meravigliosa arca marmorea in stile gotico. Sarebbe troppo lungo descrivere le peripezie che condussero fin qui, in età longobarda, le sue reliquie dopo la morte avvenuta nel 430 mentre Ippona era assediata dai vandali.

Ad anni di distanza da quell’”incontro” inaspettato, Agostino torna a parlarmi di sé attraverso la biografia di Klaus Rosen, l’ultimo grande libro della storiografia tedesca su questo intrepido ricercatore della Verità e sul suo tempo.

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