Agostino e la meraviglia del creato

Santo de «l'inquietum cor», così si definisce il vescovo di Ippona nell'incipit de "Le Confessioni". Vi proponiamo le pagine che aprono l’edizione Minima di Città Nuova
Sant'Agostino

A distanza di due giorni la Chiesa ricorda due grandi santi del primo periodo della Chiesa. Ieri era stata la volta di Monica, oggi quella di Agostino, suo figlio, nonché vescovo d'Ippona, padre e dottore della Chiesa.  

Monica, modello e patrona delle madri cristiane, è stata più volte menzionata nelle catechesi di Benedetto XVI in questi anni. Lo stesso si può dire di suo figlio Agostino. L'ultima menzione in ordine di tempo è del cardinal Angelo Scola, intervistato il 27 agosto dall'Agenzia Sir. L'arcivescovo di Milano, alla vigilia della celebrazione nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro di Padova alle 18.30, ha ricordato tra l'altro come Agostino sia stato un «formidabile testimone della contemporaneità di Cristo ad ogni uomo» e l'interprete migliore de «inquietum cor di cui egli stesso ci parla nell'incipit delle Confessioni».
 
Ma qual è l'incipit a cui ha fatto riferimento il cardinal Scola? Tratto dall'edizione Minima di Città Nuova de Le Confessioni, il passo citato dall'arcivescovo milanese è un testo che contiene fascino stilistico e filosofico, importante per il contenuto di umanità del suo autore.
 
 «Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile. E l'uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te.


«Concedimi, Signore, di conoscere e capire se si deve prima invocarti o lodarti, prima conoscere oppure invocare. Ma come potrebbe invocarti chi non ti conosce? Per ignoranza potrebbe invocare questo per quello. Dunque ti si deve piuttosto invocare per conoscere? Ma come invocheranno colui, in cui non credettero? E come credere, se prima nessuno dà l'annunzio?. Loderanno il Signore coloro che lo cercano?, perché cercandolo lo trovano, e trovandolo lo loderanno. Che io ti cerchi, Signore, invocandoti, e t'invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto. T'invoca, Signore, la mia fede, che mi hai dato e ispirato mediante il tuo Figlio fatto uomo, mediante l'opera del tuo Annunziatore».

 

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