Agnesi non parla più
La Colussi Group, che possiede il marchio Agnes, ha in Italia 7 stabilimenti produttivi, che nel 2013 hanno confezionato circa 363 mila tonnellate di pasta. Lo stabilimento ligure di Imperia ne produce 77 mila tonnellate, mentre quello vicino di Fossano nel cuneese tra pasta e fette biscottate arriva a 45 mila tonnellate l’anno.
Il pastificio di Imperia in funzione dal 1824, ultimamente, dopo un periodo di difficoltà, seguito alla chiusura del mulino, negli scorsi mesi, ha infatti annunciato la chiusura dello storico stabilimento entro dicembre di quest’anno. Si è paventata l’idea che Il marchio Agnesi possa rimanere in vita, producendo altri alimenti, ma occorre realizzare un nuovo stabilimento, più all’avanguardia e meno costoso.
La notizia della chiusura, che i vertici del gruppo Colussi avevano annunciato ai sindacati alla fine di aprile, è stata ufficializzata durante una riunione sindacale presso la Compagnia Portuale di Imperia. Così la nota ufficiale diffusa dall’Azienda: «A oggi è prevista la chiusura dello stabilimento di Imperia per la fine del 2014, ma stiamo comunque lavorando per trovare delle soluzioni e delle partnership industriali che potrebbero cambiare il corso delle cose in positivo e coprire le attività almeno per parte del 2015».
Ai 110 lavoratori, l’azienda ha promesso di «trovare delle possibilità occupazionali diverse dalla cassa integrazione, a partire dalla auspicata ricollocazione di parte di loro nello stabilimento di Fossano e in diverse iniziative produttive che potrebbero essere avviate nel territorio imperiese». Incertezza per il futuro dei dipendenti, poiché voci attendibili, danno in chiusura anche il vicino stabilimento di Fossano, sostanzialmente nuovo e per la maggior parte appena ricostruito e ampliato.
Nonostante queste premesse i sindacati restano scettici sul futuro. «Purtroppo è avvenuto, quanto temevamo – ha sottolineato Gianni Trebini della Flai-Cgil -. L’ipotesi di mantenere il marchio non producendo più pasta e ricollocando una parte di lavoratori è poco credibile».
Un tentativo importante era stato fatto nel maggio scorso anche dal sindaco di Imperia, Capacci con una proposta lanciata a tutti gli imprenditori imperiesi a creare una cordata, per una partnership con il gruppo Colussi, affinché il marchio Agnesi possa restare a Imperia. Ora però sono iniziati i lavori si smantellamento dei macchinari dello storico mulino. E qualcuno ha fatto notare il cambio del famoso slogan pubblicitario da “Silenzio parla Agnesi” in “Silenzio si smantella Agnesi”.
Alcuni macchinari del mulino sono già partiti, come due elevatori e dei filtri. Anche le selezionatrici, sono già state smontate ed imballate e verranno portate via presto. Macchine queste comprate poco meno di tre anni fa. Altri macchinari che si trovavano all'interno del mulino, invece – affermano alcuni dipendenti –, furono acquistati all'epoca per circa 200 mila euro; rivenduti oggi, frutterebbero almeno la metà.
Intanto continuano le trattative tra i dipendenti Agnesi, e il patron Angelo Colussi che aveva chiesto ed ottenuto una tregua degli scioperi. Il dubbio dei lavoratori è che questi pezzi vengano spediti o ad una nota ditta di Brescia sempre di proprietà della Colussi, oppure venduti separatamente come pezzi di ricambio. I lavoratori hanno interrotto l’ultimo consiglio comunale per chiedere che si discutesse della crisi dell'azienda.
Una interrogazione alla Camera è stata presentata da due deputati di Sel, dove si chiede ai ministri dello sviluppo economico e del lavoro di sollecitare da parte dell'azienda la presentazione dei contenuti del piano industriale, dal momento che nessun bilancio evidenzia una crisi così profonda da giustificare la chiusura dello stabilimento alla fine del 2014.
“La Liguria e l’imperiese stanno vivendo un periodo di profonda crisi dichiarata. Dati della Cgil evidenziano come non solo non si veda alcuna ripresa per il ponente ligure, ma come sia la provincia di Imperia a vivere la situazione più critica. La chiusura di Agnesi sarebbe un ulteriore dramma per il territorio. Non vorremmo che l’area di 6 mila metri quadrati adiacenti al porto turistico, oggi occupati dall’azienda, alimentassero appetiti per speculazioni edilizie non nuove in questo territorio".