L’Africa rilancia l’Area di libero scambio
Il 36° vertice dell’Unione Africana (Ua) si è svolto il 18-19 febbraio ad Addis Abeba, in Etiopia. Tra i molti temi discussi, l’organizzazione di una conferenza sulla Libia e l’attivazione dell’Area di libero scambio continentale africana (Zlecaf o Afcfta).
L’accordo che è alla base della Zlecaf sembra segnare il passo. In effetti, avviata nel 2012, questa zona di libero scambio è entrata in vigore solo il 1° gennaio 2021. Lo scopo è di promuovere il commercio intra-africano e rompere con i tradizionali schemi del commercio nord-sud, un modello che si è fortemente destabilizzato con la pandemia di Covid19.
Il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, non ha esitato a criticare «la mancanza di volontà politica» nella realizzazione di questa area di libero scambio. Il commercio intracontinentale rappresenta attualmente meno del 20% del commercio totale nel continente.
Per rilanciare l’iniziativa, è stata attivata lo scorso ottobre, in Ghana, la Guided Trade Initiative, l’iniziativa dei prodotti guidati per il commercio preferenziale. Sono stati individuati circa un centinaio di beni o derrate alimentari, prodotti o trasformati nel continente. Quindi: piastrelle di ceramica, condizionatori, ma anche tè, zucchero, ecc., merci provenienti da otto Paesi del continente. Tra questi: Camerun, Egitto, Kenya, Tanzania e Tunisia. Un’iniziativa pilota, quindi, in attesa di essere estesa a tutti i 46 Paesi della Zlecaf.
Per Antoine Bouët, direttore del Center for Prospective Studies and International Information (Cepii), «l’istituzione della Zlecaf è molto tardiva». Inoltre, oltre alla pandemia di Covid19, altri elementi hanno ritardato l’attuazione di Zlecaf, come la guerra in Ucraina e l’aumento dei prezzi agricoli mondiali che hanno indebolito la sicurezza militare in Africa.
Un ex ministro togolese suggerisce la revisione, da cima a fondo, degli accordi di libero scambio tra Paesi Acp (Africa, Caraibi, Pacifico) e Unione Europea (Ue) per renderli più equi. A questo proposito, invita ad un dibattito più approfondito sulla Zlecaf. Nell’ambito di questo vasto mercato comune continentale, le piccole economie dovranno competere con colossi come il Marocco, per esempio. Insomma, più che un “libero scambio”, sarebbe forse meglio un “commercio equo”.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha invece affermato che la Zlecaf «rappresenta un percorso veramente trasformativo verso la creazione di posti di lavoro e nuove fonti di prosperità per gli africani». Secondo le Nazioni Unite, questa zona di libero scambio dovrebbe unire 1,3 miliardi di persone e diventare il più grande mercato del mondo con un Pil combinato di 3,4 trilioni di dollari.
L’African Continental Free Trade Area (Zlecaf, più in breve Zlec) è entrato in vigore a gennaio 2021, e dovrebbe istituire la più grande area di libero scambio del mondo. Stabilisce un mercato unico per i prodotti fabbricati in Africa, elimina il 90% dei dazi doganali e regolamenta le barriere non tariffarie.
Dei 54 Paesi africani, 53 (tranne l’Eritrea) hanno già firmato questo accordo presentato ufficialmente nel luglio 2019. Dei Paesi che hanno firmato l’accordo, 44 lo hanno poi ratificato. La Nigeria, il più grande mercato in Africa con quasi 220 milioni di abitanti, lo ha ratificato l’11 novembre 2020.
Le prime spedizioni di merci nell’ambito dell’Area di libero scambio sono avvenute il 4 gennaio 2021, dopo un ritardo di sei mesi dovuto alla pandemia di Covid19. Qualcosa si sta muovendo, insomma.
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