Africa, chiarezza e coraggio

Benedetto XVI ha puntato il dito sui mali del continente ed ha esortato la popolazione ad adoperarsi per la riconciliazione e la giustizia.

«Una tournée africana». Sono stati in tanti a definire così il viaggio di Benedetto XVI nel continente nero. E lo ha confermato il papa stesso, quando, rivolgendosi alla folla dei fedeli all’aeroporto di Luanda, capitale angolana, seconda tappa del viaggio, ha sottolineato che con la sua visita pastorale intendeva «arrivare al continente africano tutto intero, anche se era necessario limitare l’itinerario a Yaoundé e Luanda. Vorrei che tutti sappiano però, che ho tanto a cuore l’Africa in generale».

Benedetto XVI si è recato in Camerun dal 17 al 20 marzo, dove ha consegnato ai presidenti delle conferenze episcopali del continente il documento di lavoro (Instrumentum laboris) in vista della seconda assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l’Africa che si terrà a Roma nell’ottobre prossimo.

 

Grande attenzione del papa al dialogo interreligioso. Intrattenendosi con una delegazione musulmana, si è augurato «che l’entusiastica cooperazione tra musulmani, cattolici e altri cristiani in Camerun sia per le altre nazioni africane un faro luminoso sul potenziale enorme di un impegno interreligioso per la pace, la giustizia e il bene comune».

In Angola, il papa ha celebrato, domenica 22 marzo, con la Chiesa locale, i 500 anni dell’evangelizzazione di questo Paese: più di un milione i fedeli presenti. L’Angola è il primo Paese sub-sahariano ad essere stato evangelizzato, nel 1506. A Luanda il papa ha incontrato anche i giovani, i movimenti e comunità ecclesiali, l’Associazione delle donne per i diritti umani.

Questo primo viaggio del pontefice nel continente africano, dove il numero dei cattolici è in rapida crescita, ha indubbiamente suscitato numerose aspettative e speranze: di pace, riconciliazione e giustizia. Proprio i temi oggetto della riflessione del prossimo Sinodo, che ha infatti per titolo: “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Molti sperano che Benedetto XVI possa svolgere un ruolo determinante nell’affrontare i problemi del continente, tanto che è stata indirizzata al papa una lettera aperta da parte di Martin Belinga Eboutou, consigliere speciale del presidente camerunese Paul Biya, a suo tempo ambasciatore del Camerun presso l’Onu: «L’Africa sa di poter contare sul suo coinvolgimento personale perché giustizia sia fatta e venga tutelata la dignità dell’uomo che vive in Africa».

 

Tra ombre e luci

 

Le enormi crisi dell’Africa vanno viste in un contesto globale. È un continente in fermento, un’area del mondo dove sono in gioco importanti cambiamenti politici, sociali, economici e culturali.

Spesso i mezzi di comunicazione in Europa e in America danno dell’Africa solo un’immagine drammatica. Ne parlano unicamente quando qualcosa non va: la possibile disintegrazione del Madagascar, le morti continue in Darfur e in Congo, la fame, la siccità, l’Aids. E in tema di Aids, qui in Africa non sono state sollevate polemiche a proposito dei profilattici, come invece è accaduto sui media occidentali. L’opinione pubblica del Nord del mondo – spesso accecata dal clichè di un “continente oscuro” – ignora completamente un’altra realtà africana, vera pure quella: un continente cioè di popoli con culture e valori ricchissimi di umanità, apertura e rispetto della vita. Gente che crede nel rapporto con l’altro e che vive naturalmente solidale e accogliente.

 

La democrazia si sta facendo strada in modo inarrestabile: dal Ghana, che è diventato il simbolo di un’Africa emergente dopo le elezioni di dicembre scorso, allo Zambia, al Botswana. Anche nei Paesi segnati da terribili conflitti armati, come Liberia e Sierra Leone, in questi ultimi anni il popolo ha votato con successo i propri dirigenti.

C’è una società civile attiva e vibrante, che sta a testimoniare fatti concreti di collaborazione e di crescita. Ne sono un segno le varie organizzazioni sorte in questi anni, prima fra tutte l’Unione africana (Ua). Ma anche la Comunità dell’Africa orientale (Eac), il Mercato comune dell’Africa orientale e australe (Comesa), la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc).

In questo contesto i commenti ai numerosi interventi del papa continuano a sottolineare la preziosa dimensione pastorale delle sue parole: «È venuto per incoraggiare gli affaticati e per condividere i frutti degli sforzi del cammino verso la pacificazione e la ricostruzione». In Camerun si è congratulato per lo sforzo del Paese nel mantenere la pace in tutta la regione.

 

Espressioni che hanno acquistato un particolare significato in Angola, dove il conflitto, durato dal 1975 al 2002, ha causato centinaia di migliaia di vittime. «Il nostro Paese ha sofferto molto – ha detto monsignor Franklin, arcivescovo di Luanda –, ma adesso sta cominciando una vita nuova di riconciliazione e ricostruzione, non soltanto nelle infrastrutture ma anche nel cuore».

Certo, nella consapevolezza delle situazioni spesso drammatiche che si vivono in Africa, Benedetto XVI ha ricordato in tutte le occasioni del suo soggiorno come il continente sia ancora triste teatro di gravi tragedie dove ci sono ancora conflitti armati, violenze, violazioni dei diritti umani, ingiustizie, corruzione, oltre alle gravissime situazioni di povertà.

 

La speranza

 

Per l’Africa infatti, la giustizia e la pace, costituiscono un bisogno urgente. Teatro della tratta di schiavi per quasi tre secoli, l’Africa ha poi subito le pratiche coloniali per altri due secoli. Cinquecento anni di spogliazione e di alienazione culturale, che hanno lasciato una umanità umiliata, una coscienza ferita e una mentalità impoverita.

Questo viaggio del papa è stato perciò anche un’occasione per gettare uno sguardo alla storia e alla vita della Chiesa nel continente, che vuole essere  sempre più «la voce dei senza voce», come sperimentato durante il pontificato di papa Wojtyla. Scrive Martin Belinga: «I neri, di generazione in generazione, racconteranno ai loro figli con emozione che Giovanni Paolo II fu il primissimo papa a recarsi all’isola di Gorée, nel Senegal, per rendere omaggio alla più vergognosa tratta della storia dell’umanità».

 

«L’Africa è chiamata alla speranza attraverso voi e in voi! – ha detto Benedetto XVI ai rappresentanti delle Conferenze episcopali d’Africa, durante la messa nello stadio di Yaoundé, il 19 marzo –. Anche in mezzo alle più grandi sofferenze, il messaggio cristiano reca sempre con sé la speranza». Poi ha richiamato tutti alla responsabilità nell’agire, perché «di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla corruzione o all’abuso di potere, un cristiano non può mai rimanere in silenzio. Il messaggio salvifico del Vangelo esige di essere proclamato con forza e chiarezza».

Esempi non mancano. Il papa ha ricordato una santa di queste terre, Josephine Bakhita, ma ha parlato pure dell’angolana Teresa Gomes, che difese la sua parrocchia durante la recente guerra civile; e l’italiana Maria Bonino, medico pediatra in missione, morta per la febbre emorragica nel 2005. Benedetto XVI ha inoltre esaltato il ruolo svolto dalle donne nel continente e ribaditi la pari dignità e il pieno diritto ad inserirsi nella vita pubblica.

 

A Yaoundé, consegnando il documento preparatorio, il papa ha evidenziato la grande complessità del contesto storico in cui si svolgerà il Sinodo. L’Instrumentum laboris raccoglie temi e questioni che animeranno il Sinodo. La chiarezza non difetta: «Le multinazionali – vi si legge –continuano a invadere gradualmente il continente per appropriarsi delle risorse naturali. Schiacciano le società locali, acquistano migliaia di ettari espropriando le popolazioni dalle loro terre con la complicità dei dirigenti africani».

 

Parole nette che vanno al cuore di questioni – compreso lo sfruttamento delle multinazionali farmaceutiche delle pandemie africane –particolarmente sentite dalle popolazioni africane, ma sulle quali il pontefice ha invitato a tenere diritta la barra di un timone che deve poggiare su «riconciliazione, giustizia e pace».

Come ha sintetizzato l’arcivescovo di Yaoundé, mons. Tonyé Bakot, questo passaggio di Benedetto XVI ha consegnato un impegno e un coraggio rinnovato alla «nostra Chiesa in cammino».

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