Affrontare l’abisso

Due lettrici e il tumore che si affaccia improvviso nella loro vita. A proposito dell'articolo “Tumore” di Giulio Meazzini, apparso sul n° 18.
Sanità

Non è facile «“Tumore”. Articolo profondo, ricco, una bella esperienza con risvolti positivi. In genere evito di vedere film che raccontano storie di questi pazienti o libri che narrano loro vicissitudini, perché così distanti dal quotidiano, oppure perché la favola descritta appare quasi perfetta, ma la realtà è ben più dura!

«Lavoro dal 1996 come oncologo, gli ultimi otto anni della mia attività professionale l’ho dedicata a pazienti che sono fuori da trattamenti specifici, ma destinati solo a terapie di supporto. Lo sforzo di questi anni è stato quello di aiutarli non a morire, come si suol dire quando si parla di loro, ma piuttosto a vivere.

«Leggendo l’articolo, ho passato in rassegna tutti i pazienti che seguo al momento e mi sono chiesta a chi potrei proporre questo articolo. Forse a tutti o forse a nessuno! Questa la risposta.

«Mi sono chiesta cosa potrebbe ognuno comprendere dietro la frase: “In quel momento dentro, un abisso… che per me era il mio Dio che veniva col vestito più bello”.

 

«Nella mia attività ho seguito preti, suore, gente normale, di tutti i tipi, ma in nessuno ho mai visto questa realtà così tangibile, forse dopo un percorso, la serenità.

«C’è la necessità di spiegare che cosa è l’abisso; la necessità di accennare anche alla disperazione, alla ribellione che ti passa dentro, di mettere in evidenza il rifiuto, il sentirsi abbandonato da Dio, quando non hai mai commesso nulla di male (esiste ancora questa realtà nella nostra società) e la senti come una punizione, quella “bestia” (così la chiama qualcuno dei miei pazienti), e ti chiedi: “Perché a me?”.

«C’è la necessità di raccontare la rabbia nera, la paura di non farcela, perché cancro è uguale a morte purtroppo per tanti; di parlare della vita che ti cambia, delle relazioni che cambiano, della solitudine, della tristezza, del rapporto con marito e figli che va riconquistato. E tante altre cose.

«C’è la necessità di essere vicini alla gente comune.

«“Il racconto di una donna come tante” deve poter essere imitabile non irraggiungibile, le persone hanno bisogno anche di questo».

Anna

 

Vivere bene «Quando ho saputo di avere un tumore al seno ho avuto tanta paura, tanto più che oltre l’intervento chirurgico devastante, mi aspettavano vari cicli di chemioterapia.

«La mia vita diventava più precaria che mai. Ma ho raccolto tutte le mie forze interiori, fede e ragione, e ho cominciato a lottare, sempre sostenuta dall’affetto dei miei cari, con il fermo proposito di non angosciarli. La mia malattia non doveva diventare un ostacolo, ma un trampolino di lancio per crescere nell’amore. Sono così riuscita perfino ad incoraggiare alcune persone che all’inizio avevano paura di contattarmi (paura della malattia, delle loro paure), ma poi, sentendo al telefono la mia voce serena, mi richiamavano e venivano a trovarmi con gioia.

«Tutto poi sembrò andare in pezzi quando anche a mia figlia appena trentenne capitò la stessa cosa. Tremendo, allucinante, perché anche a lei?!? Ma non era il momento di chiudermi nel mio tormento, non ne sarei uscita più, così ho ripreso a lottare, a sorridere, ad amare, per lei, e di nuovo tutto il dolore s’è trasformato in amore. Ho capito più che mai l’importanza di vivere bene l’attimo presente, perché ogni momento è un dono, un sorriso, un albero fiorito, un tramonto, un sms, ogni più piccola cosa».

Maria Beatrice

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