Affetti dalla sindrome Nimby-Oimby

Partiamo dalla cosa più ovvia che si possa dire: curiamo meglio le cose che ci appartengono.
Giardiniere

Partiamo dalla cosa più ovvia che si possa dire: curiamo meglio le cose che ci appartengono. Sì, davvero banale: ma che c’entra con la politica? Parecchio. Basti pensare che i politologi dicono che c’è una categoria di cittadini affetti dalla sindrome di Nimby. Non si tratta di un virus o di un bacillo pericoloso per la salute umana, ma è altamente nocivo per il bene comune. I sintomi sono chiari: un atteggiamento favorevole alla costruzione di una strada, di un ponte, di un’opera civile, purché non passi per casa propria, purché rimanga fuori dal proprio giardino. Proteggiamo quello che è nostro, contro i bisogni della comunità: dunque Not In My Back Yard (“non nel mio cortile”), da cui la sigla Nimby.

 

Poi, ci sono quelli che ragionano esattamente all’opposto: mi occupo del problema solo se riguarda casa mia, solo se invade il mio giardino. Parafrasando, potremmo dire Only In My Back Yard (“solo nel mio cortile”). Così, un politico affetto dalla sindrome di Oimby trova strano di doversi occupare di cose sulle quali non c’è nulla di suo, e se la politica lo dovesse portare malauguratamente ad impegnarsi per angoli del mondo nei quali non ha ancora potuto estendere la proprietà, subito s’affretta a colmare questa lacuna, comprando lì uno sgabuzzino, un pezzo di terra, o chissà cos’altro, magari una villetta a Lampedusa.

 

Ora, non c’è tanto da scherzare con la sindrome di Oimby. Nel passato coloniale ha avuto i suoi momenti di gloria. Per esempio, il Congo non era una colonia belga, ma una proprietà personale di re Leopoldo II, che verso la fine del XIX secolo amministrava come fosse il proprio giardino esotico un territorio grande 76 volte la nazione di cui era il sovrano. Si tratta di cifre da capogiro, rispetto alle quali una villetta sull’isola dove s’è scatenata l’emergenza diventa un fatterello da poco, un vezzo (speriamo l’ultimo) del nostro presidente del Consiglio.

 

Ma c’è qualcuno sano, in mezzo a tutti questi affetti da sindromi varie? Tre pescherecci siciliani hanno ricevuto il premio dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, per la loro opera di soccorso dei barconi stracolmi di migranti. E sì che rischiano parecchio, con questo loro altruismo, perché la legge vieterebbe di intraprendere azioni di questo tipo, e le sanzioni sono pesanti. Sia benvenuto il sano altruismo, l’unica terapia capace di guarire i mali e le sindromi varie disseminate nella nostra società.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons