Adyan: educazione e cittadinanza

In un Paese multietnico, multireligioso e multiculturale come il Libano, il rispetto della diversità è imperativo nell’educazione statale e privata. Una singolare e proficua iniziativa di una Ong in collaborazione col governo

Dieci anni fa un teologo maronita, il professore e sacerdote Fadi Daou, e una docente sunnita di Studi islamici e Scienze delle religioni, Nayla Tabbara, diedero vita all’Ong libanese Adyan, per promuovere l’incontro e il dialogo interreligioso non solo in ambito spirituale. In estrema sintesi: la diversità costruisce l’unità, a tutti i livelli. Adyan è cresciuta ed è diventata punto di riferimento e promotrice di moltissime iniziative, ben conosciute in Libano e apprezzate anche in vari paesi europei.

Da quattro anni il gruppo che fa capo ad Adyan sta lavorando alacremente, in stretta partnership con il ministero dell’Educazione e con il Centro per la ricerca e lo sviluppo dell’educazione, per inserire nei programmi scolastici del Libano (scuola pubblica e privata) un principio-base: la cittadinanza inclusiva della diversità. La bozza programmatica presentata a marzo 2013 e sottoscritta dai tre partner ha un lungo e significativo titolo: “Carta nazionale per l’educazione alla convivenza in Libano nel quadro di una cittadinanza inclusiva della diversità”.

Si capisce meglio l’importanza del progetto se si tiene conto che nel Paese convivono da sempre, una accanto all’altra, 18 confessioni religiose (tra musulmane e cristiane) e che la stessa Carta costituzionale del Paese attribuisce la presidenza della Repubblica a un cristiano (maronita), la presidenza del governo a un sunnita e quella del parlamento a uno sciita. La drammatica guerra del Libano (1975-1990) ha purtroppo accentuato le differenze e stigmatizzato la chiusura dei gruppi religiosi in un atteggiamento protezionistico delle proprie peculiarità, non senza forti pressioni esterne in questo senso. Ma il Paese ha retto nonostante tutto, e molti libanesi sognano di recuperare la propria identità plurale e anzi di svilupparla oltre il dialogo e la vicinanza pura e semplice.

L’azione educativa immaginata dal gruppo di lavoro guidato da Adyan punta a esplicitare e dare piena cittadinanza ad un principio-base: la diversità culturale e religiosa come elemento fondante l’identità libanese, che precede quindi l’appartenenza, pur legittima e rispettata, a un preciso gruppo. Anzi, educare a questa cittadinanza inclusiva della diversità per definire l’identità del Paese e dei suoi cittadini, trasformando il principio-base in norma etica fatta propria dai singoli e dalla società nel suo insieme.

Il lavoro svolto in questi 4 anni è stato grande e molto promettente: in primo luogo contattando e coinvolgendo le scuole pubbliche e private (che sono numerose) per sviluppare insieme ben più della semplice conoscenza, ma puntando alla messa a punto di vere competenze, costruendo insieme e con coraggio una scuola inclusiva delle diversità. È questa, fra il resto, anche la linea sostenuta dall’Unesco per prevenire l’estremismo: perseguire un’educazione che punti a sviluppare le competenze adeguate per essere insieme protagonisti dei cambiamenti.

Un primo esperimento avviato quest’anno è stata la pubblicazione per le scuole di un manuale di cittadinanza attiva, che è stato adottato a livello nazionale da circa il 75% delle scuole pubbliche e dal 40% di quelle private, per una prima sperimentazione. Il corso propone agli studenti 60 ore di lavoro in 3 anni al servizio della comunità. Recentemente è stato inoltre messo in rete un sito web che si chiama “pluralismo” (in arabo, taadudiya.com) che comprende tre grandi sezioni: un calendario interreligioso che mette in parallelo 20 calendari di differenti tradizioni religiose, una sezione unità e diversità che comprende informazioni tematiche sulle religioni viste da diverse angolazioni (compresa l’architettura sacra), una terza sezione, opinioni, che segnala articoli utili a sostenere dibattiti tematici sulla diversità religiosa. Attualmente ad Adyan è in corso un lavoro molto articolato per riscrivere alcuni libri di testo di varie materie alla luce del principio di identità inclusiva della diversità.

Ho incontrato Vanessa Breidy, che coordina il lavoro di Adyan su questo progetto. Libanese, laureata in Giurisprudenza, Vanessa Breidy ha frequentato in Italia l’Istituto universitario Sophia, di Loppiano (Firenze), che ha concluso a pieni voti nel 2014 con un lavoro di ambito politico proprio su “Pluralismo e conflitti culturali in Libano”. Le ho chiesto qual sia la sua impressione personale riguardo al lavoro che sta portando avanti ad Adyan. «È una cosa molto significativa quella che faccio – mi dice ­–, vale tutto lo sforzo che ci metto. Certo, è molto impegnativo, mi prende tempo ed energia, non è semplice o facile, ma quanto stiamo realizzando mi fa davvero sperare che è possibile fare qualcosa di positivo per il Libano». Ammette: «Veramente quando ho cominciato non credevo che un cambiamento fosse davvero possibile, ma volevo provarci. Poi ho visto che si realizzavano cose incredibili… Sì, abbiamo un metodo di lavoro, un’impostazione chiara, un modo di essere con la gente, diamo tutto il nostro impegno, collaboriamo attivamente… ma non pensavo che la professionalità sarebbe riuscita a cambiare qualcosa». E invece… «E invece ho scoperto che è possibile fare ogni giorno un passo avanti, incontrare le persone, capirsi e procedere. Non so quale passo faremo domani e se lo faremo, ma al momento giusto poi lo facciamo sul serio, un passo dopo l’altro».

 

 

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