Adriano e il Festival

Sanremo, da qualsiasi sfaccettatura lo si pigli, è una “questione complessa”.
Adriano Celentano al Festival

A scrivere del Festival di Sanremo si corre il rischio di commettere lo stesso errore che ha compiuto anche Adriano Celentano: quello di utilizzare poco spazio a disposizione per discutere di questioni complesse. Perché Sanremo, da qualsiasi sfaccettatura lo si pigli, è una “questione complessa”. Offro solo qualche pensiero.
Partiamo proprio da Adriano: troppo facile condannarlo o assolverlo a priori, senza capire come e perché ha detto ciò che ha detto. Celentano ha usato la tivù di tutti in modo poco corretto per aggiustare qualche conto personale con Aldo Grasso, con Avvenire e Famiglia Cristiana, o con chi lo ha criticato in passato. Ha offeso senza dar modo alla controparte di replicare, e in un Paese agli ultimi posti al mondo per libertà di stampa ha pericolosamente augurato la chiusura di due giornali.
Del suo contributo non è piaciuta la morale fatta da un palcoscenico, senza chiedere il permesso al pubblico e con voluta malizia: uno del suo calibro non può non sapere che la tivù amplifica concetti e pensieri, entra nelle case senza bussare, e proprio per questo ci vuole grande attenzione. Adriano ci ha ricordato anche valori importanti, senza dubbio, ma tutto il contesto in cui si è mosso non ha suffragato il suo pensiero.
Per smuovere le coscienze ci vuole ben altro, soprattutto una normalizzazione dei ruoli, anche in tivù, che ognuno torni a fare ciò che sa fare. Anche perché in un tempo di crisi totale, che porta le famiglie a fare già grandi sacrifici, abbiamo bisogno di coerenza, di testimoni, di nuove idee, ma non di prediche.
Celentano, questo almeno sì, sembra l’unico a essere rimasto fedele a sé stesso, almeno nella sua verve; il resto non ha retto al passo.
Sanremo è un grande circo mediatico oramai snaturato nella sua identità: le canzoni non hanno più il ruolo centrale, è l’evento televisivo che conta, con una pochezza di idee da far paura. L’uso del turpiloquio, le battute infelici, il ritmo fiacco e lo sfruttamento offensivo per la donna del suo corpo e delle sue idee, confermano questa tendenza.
Con l’aiuto di autori esperti e capaci anche Sanremo dovrebbe tornare a essere quello che è: un “Festival della canzone”, che offra al pubblico momenti di spettacolo degno della sua grande tradizione.

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