Adriana non ha cent’anni

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Se è vero che il valore di un’opera d’arte si misura anche dalla sua continuità a parlarci nel tempo, allora l’Adriana – nata giusto cent’anni fa al Lirico di Milano – è ancora giovane. Certo, la storia dell’attrice famosa amata da Maurizio di Sassonia e avvelenata con un mazzo di violette dalla rivale Bouillon, oggi suona di gusto un po’ rétro nel suo connubio “fatale” di amore e morte, così vivo all’epoca. Ma la finezza musicale di Cilea – un Massenet italiano -, toni vaporosi alternati alla giusta dose drammatica nell’uso sapiente del leit-motiv (“l’umile ancella”) nei quattro atti, danno una poesia leggiadra, a tinta di pastello: non decorativa. Perché Cilea indaga, modernamente, la gelosia al femminile, nei suoi risvolti dolorosi: la donna può dare e togliere la vita. L’amore tuttavia ha l’ultima parola, perché Adriana, pur vittima, è moralmente vincitrice. Ci voleva la bacchetta dinamica di Daniel Oren, il suo gusto per il canto ed il ritmo, per il colore in ogni gradazione, a dar luce alla musica di Cilea: così è stato a Roma, con l’allestimento “storico” firmato nel 1966 da Mauro Bolognini: un capolavoro di buon gusto, eleganza, equilibrio teatrale da manuale. Corretta, ardente la rumena Nelly Miricioiu come protagonista, mentre, purtroppo, Alberto Cupido è un Maurizio stentoreo ma indelicato, in una parte forse non adatta. Apprezzabile l’intera compagnia di canto, specie Marianne Cornetti, passionale contessa di Bouillon. Brillante la coreografia di Carla Fracci (Riccardo Di Cosmo un Mercurio “alato”) in un’opera dove il senso della leggerezza è indispensabile. Antonio Pappano Largo ai giovani. Pappano, 43 anni, londinese di origini nostrane, esorden- do a Santa Cecilia nella Decima Sinfonia di ?Sostakovi ?c e nel Concerto in sol di Ravel col diciottenne argentino Horacio Lavandera (una promessa di valore, la freschezza adolescenziale elevata a grande potenza) si è rivelato un grosso talento: gesto sicuro, plastico, musicalità straordinaria, un’orchestra meravigliosa che lo segue d’istinto in una interpretazione che fa sembrare cinque i cinquanta minuti di ?Sostakovi?c. Ovazioni del pubblico per il futuro direttore del londinese Covent Garden.

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