Adozione: prevale l’interesse del minore
Due cittadine francesi (una di esse anche cittadina italiana) che abbiano contratto “matrimonio” secondo le vigenti leggi francesi hanno diritto a far risultare dai registri dello stato civile del comune di residenza (in Italia) il rapporto di adozione intrattenuto da ciascuna di esse con il figlio “biologico” dell’altra.
Ciò perché la trascrizione nei registri stessi da parte degli Uffici comunali italiani della sentenza di adozione emanata da un giudice francese deve ritenersi possibile “a maggior tutela del prevalente interesse dei minori”: avere una famiglia ove coltivare e perpetuare sentimenti di affetto, condivisione, equilibrio affettivo ed educativo.
Così la Cassazione con una recente sentenza (31 maggio 2018 n.14007) – che ha fatto discutere non poco, e non solo gli addetti alla materia del diritto familiare e del diritto internazionale privato –, affronta e risolve la tematica della possibile pubblicità (anche in Italia) del provvedimento, reso all’estero, che dichiari l’adozione di minori, figli solo biologici del partner (o della partner) dell’adottante.
Ciò che ha indotto i Supremi Giudici a convincersi della bontà degli argomenti a favore della pubblicità (attraverso la trascrizione nei registri dello stato civile di un Comune italiano) della sentenza di adozione formulata da un organo giudiziario francese, non è stata la compatibilità o meno di tale pubblicità con le norme vigenti in Italia (perché se così fosse stato la pubblicità non appariva legittima), quanto la considerazione che tale pubblicità rispondeva – come si legge nella sentenza – «al preminente interesse del minore, alla base della normativa nazionale ed internazionale in materia di adozione, e quindi al diritto del minore a vivere in modo stabile in un ambiente domestico armonioso e ad essere educato e assistito nella crescita con equilibrio e rispetto dei suoi diritti fondamentali».
Viene sul punto richiamata anche una convenzione importante in materia di tutela dei diritti del minore (la Convenzione dell’Aia del 1993), per la quale va in ogni caso data prevalente rilevanza appunto all’interesse superiore del minore, in grado di scardinare e bypassare anche regole del nostro ordinamento giuridico che impedirebbero di realizzare quella pubblicità.
È solo una escamotage di tipo formalistico cui è ricorsa la Suprema Corte di Cassazione, frutto di elaborazioni giuridiche, magari complesse e lontane dalla sensibilità dell’uomo comune? Probabilmente no. Forse la sentenza rispecchia una valutazione (di tipo giuridico) delle nuove realtà familiari, che affonda le sue lontane radici nell’insegnamento di un giurista di chiara fama di tanto tempo fa, Carlo Arturo Jemolo, per il quale «la famiglia è l’isola che il mare del diritto deve solo lambire».
Se così è (o, meglio se così fosse), è chiaro che tutto ciò che attiene solo a una definizione in modo formalistico dei rapporti intercorrenti tra i membri di un ménage che non si identifica con la famiglia ‘tradizionale’, sembra dover cedere il passo a quanto sia di qualche utilità alla coerenza interna ed esterna di quel ménage stesso e soprattutto all’equilibrio umano dei suoi componenti.
Il resto rimane salvo…