Adolescenti falliti: se qualcuno crede in loro…
Succede, nella periferia di Roma. In mezzo al verde e un po’ nascosto da sguardi indiscreti c’è un centro diurno che opera con adolescenti affetti da disagi psicologici-psichiatrici. Succede, in questo centro, che vi siano eccezionali professionisti al servizio di suddetti ragazzi.
Quei ragazzi che a scuola tutti scansano, che vivono perennemente nascosti dal cappuccio della felpa rigorosamente nera, con le cuffiette alle orecchie e lo sguardo basso. Se qualcuno riuscisse a vedere le braccia che tanto accuratamente nascondono, noterebbe numerosi tagli autoinflitti, qualcuno più recente, altri meno.
Succede che questi ragazzi a scuola non abbiano nemmeno un amico. Che magari a scuola non ci vadano proprio, dato che il confronto con il gruppo dei pari è «una montagna troppo alta da scalare». E allora i loro genitori, o i medici o gli psicologi, li inviano qui. Qui dove ogni tanto i miracoli succedono.
Succede che uno dei professionisti del centro diurno, crede talmente in loro da vedere la luce dove tutti vedono ombre e disagi, da vedere talenti dove la società vede insuccessi. Il professionista li sprona a scrivere, a recitare, a cantare. Li convince a salire su un palco, a fare uno spettacolo in cui tirar fuori tutto quel che hanno dentro. Nello spettacolo, (che i ragazzi intitoleranno Generazione X) quelli che comunemente vengono definiti difetti diventano pregi, bravura, talento. Ora ciascuno può sentirsi sé stesso ed essere non solo accettato, ma applaudito, acclamato per diversi minuti.
Gli ultimi. Qualcuno tempo fa ci disse di amare gli ultimi. E chi sono gli ultimi? Quelli che nessun genitore immagina quando è all’ottavo mese di gravidanza e fa sogni per il pargoletto. Quelli che nessun insegnate tollera più di tanto, quando parlano troppo, a sproposito e non riescono a star fermi e alle regole scolastiche. Quelli che i ragazzi cosiddetti “fighi” non invitano alle feste o a uscire con loro, perché di certo non li aiutano a rimorchiare. E potrei andare avanti.
Gli ultimi, quelli che nessuno vede o vuol vedere. Quelli che mercoledì scorso son saliti sul palco di un teatro parrocchiale ed erano talmente autentici da suscitare non solo commozione in tutti i presenti, ma avevano una tale presenza scenica e un tale coraggio da far invidia a Vittorio Gassman.
Gli ultimi. Quel giorno sono stati i primi. Che lo siano sempre, soprattutto negli occhi di tutti noi adulti, che mai dovremmo dimenticare l’enorme responsabilità che abbiamo verso di loro.
(Sul tema dell’adolescenza leggi anche: “Adolescenti, proviamo a capirli“)