Addio treni

Un netto taglio di dodici linee nel territorio piemontese deciso da Trenitalia e dalla regione
Treni Piemonte

È entrato in vigore il nuovo orario dei treni e i piemontesi si ritrovano con molte corse in meno e intere tratte cancellate. Il famoso Piemonte ferroviario, un articolato reticolo di linee volute da Cavour, ormai sta diventando un pezzo di storia da museo. Trenitalia e regione Piemonte hanno deciso di eliminare completamente diverse linee: Cuneo-Savigliano-Saluzzo, Ceva-Ormea, Mondovì-Cuneo e Alba-Castagnole verso Asti e Alessandria; e poi la Pinerolo-Torre Pellice, la Santhià-Arona, la Novi-Tortona, la Novara-Varallo, l’Asti-Chivasso, la Alessandria-Ovada, la Vercelli-Casale e la Asti-Casale-Mortara.
 
Dodici linee in tutto, la cui soppressione sta causando la reazione negativa da parte di pendolari, enti locali, consiglieri di minoranza e non solo. Quando nell’autunno scorso la regione aveva annunciato ritocchi si era parlato di razionalizzazione del servizio, di evitare un doppione ferro/gomma, qualora esistesse, e non di una soppressione di queste dimensioni.
 
«È inaccettabile – dicono i consiglieri regionali del Pd – che si motivino con necessità di razionalizzazione tagli di linee ferroviarie che mettono fortemente in crisi territori, come il nostro, che hanno già innumerevoli difficoltà nella mobilità per evidenti carenze infrastrutturali, mentre per gli amici del nostro presidente leghista si fanno eccezioni non documentate da alcun comprensibile dato tecnico di riferimento».


Si tratta di una porzione del patrimonio ferroviario nazionale di ben 450 chilometri che viene definitivamente abbandonato, isolando zone di grande attrazione turistica come le Langhe e il Monferrato, o tratte pedemontane strategiche come quelle del cuneese, del novarese e del vercellese. Questa manovra ha scontentato i comitati dei pendolari, dell’Assoutenti Utp e delle Associazioni aderenti alla Confederazione della mobilità dolce, perché si smantella un servizio pubblico che non inquina con autobus privati. Per razionalizzare, da sempre i vari comitati pendolari sostengono due punti fondamentali: l’eliminazione dei “doppioni” bus/treno e l’integrazione tra questi servizi; l’organizzazione degli orari e la composizione dei convogli in base alle reali necessità dell’utenza e non in base a una divisione di decenni fa.
 
«Le varie statistiche sull’utilizzo dei treni e sui costi del servizio – dicono i pendolari – lasciano il tempo che trovano. Se il servizio è di difficile fruibilità è ovvio che si privilegia la macchina; la valutazione realmente utile sarebbe quella sulla percentuale di effettivi fruitori rispetto a quelli potenziali. E capire perché si utilizza in prevalenza il mezzo privato, nonostante il non indifferente divario di costi».
 
Si difende il presidente della regione Roberto Cota: «Non è possibile continuare a tenere in piedi tratte dal costo medio di oltre 3 mila euro a passeggero, con punte di oltre 15 mila euro su alcune corse. Noi, più che agire da persone responsabili, basandoci sulle cifre, non stiamo lasciando a piedi nessuno, ma semplicemente sostituendo treni con bus e su altre tratte bus con treni».

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