Addio, piccolo grande Tony
Little Tony non ha inventato nulla, se non un'adattamento italiano di quel rock'n'roll che dagli States il mito di Elvis Presley stava cominciando ad esportare universalmente. Era la musica dei “nuovi giovani”, la perfetta colonna sonora di una nuova generazione di adolescenti che s'affacciava sul mondo appena uscito dal dramma della Seconda Guerra Mondiale: pieni di energie, di ingenuità e di speranze, orgogliosi del proprio status, eppure ancora incoscienti di rappresentare i prototipi di una nuova razza umana, non più un limbo compresso tra un'infanzia da sfuggire e l'età adulta da rincorrere, ma una condizione esistenziale desiderabile in sé.
Figlio d'arte, nativo di Tivoli (ma di origini sammarinesi), Antonio Ciacci aveva cominciato da giovanissimo ad esibirsi nei locali dei Castelli Romani mutando presto il suo nome in Little Tony (le scene anglo-statunitensi erano pieno di Little, quasi a sottolineare il target dichiaratamente adolescenziale dei nuovi mercati della musica) quando un impresario inglese, tale Jack Good, lo convinse a trasferirsi in Inghilterra. E fu proprio ai prodromi della swinging London beatlesiana che il cantante laziale s'innamora dell'esuberante rock'n'roll che arrivava dall'altra parte dell'Atlantico, divenendone presto dignitoso interprete dei maggiori successi: Johnny B.Good di Chuck Berry, Lucille di Little Richards, e naturalmente gran parte delle hit di Elvis. Il piccolo Tony sa bene di non possedere il talento e il carisma dei grandi maestri statunitensi, ma "tiene botta", approfittando del vivacissimo panorama socio-culturale anglosassone per farsi le ossa e rubare qualche trucco ai colleghi più blasonati.
La sua grande occasione arriverà nel '61 quando torna in Italia per partecipare al Festival di Sanremo in coppia con un altro giovamene rampollo del rock'n'roll italiano, Adriano Celentano. I due ci sbarcano con 24 mila Baci, sfiorando la vittoria. Ma Little Tony a Sanremo diverrà presto un habitué, lasciando il segno soprattutto nel 1966 con Riderà (che venderà più di un milione di copie), e più ancora l'anno seguente, con Cuore Matto che verrà per sempre ricordato come il più classico dei suoi classici; ma da non dimenticare è anche La spada nel cuore proposta con Patty Pravo nel '70.
La sua carriera prosegue tra Cantagiri, Canzonissime, Dischi per l'Estate e qualche filmetto, ma allargando ben presto gli orizzonti al di là dei patrii confini, soprattutto in Nord Europa e in America Latina, esportando il suo rock'n'roll all'amatriciana, condito dal melodismo tipico del “made in Italy" canzonettaro. Con intelligenza ed astuzia, ma anche con la perfetta coscienza dei propri limiti, Little Tony sopravviverà al susseguirsi delle mode non accontentandosi della rilassata agiatezza dell'arricchito di mezza età. Continuerà con le sue tournée intercontinentali (soprattutto per sollazzare le nostalgie dei nostri immigrati), incurante che parte della critica italiana lo consideri ormai una sorta di patetico reperto archelogico.
Parecchie comparsate in tivù, col suo ciuffetto regolarmente impomatato, i completini imbarazzanti e strati di cerone sempre più vistosi, accompagneranno il guado di infinite stagioni musicali, sempre pronto a cavalcare con tenerezza e mestiere le ondate revivalistiche dei mercati, perfettamente a suo agio nei panni di idolo di plotoni di stagionate signore che erano probabilmente le stesse ragazzine che impazzivano per lui nei suoi anni ruggenti.
Tornerà anche a Sanremo nel 2003 in coppia col suo “gemello” Bobby Solo, e poi ancora nel 2007 con Non finisce qui, a pochi mesi da un brutto infarto, subìto nel 2006 durante un suo ennesimo tour canadese. Poi la battaglia contro un tumore più forte anche della sua voglia di continuare a vivere e a cantare e, infine a settantadue anni, la resa, annunciata da tempo: in una tiepida notte di fine maggio, quando il cuore matto di quest'eterno ragazzo ha smesso per sempre di battere, lasciando nell'aria il rimpianto e l'affetto del suo pubblico; un pubblico invecchiato con lui e che certamente continuerà a cullare i propri ricordi sulle sue canzoni.