Addio Peter Lawrence d’Arabia

L’avevamo visto, ormai stanco, nel kolossal “Troy”. Recitava nella parte di re Priamo e bisogna dire che, nonostante il fare tremolante, lo splendido occhio azzurro era rimasto vivo come pure la capacità recitativa, davanti alla quale anche il divo Brad Pitt si doveva chinare. Poi c’era stata la serie dei Tudor, in cui aveva dato corpo fragile a Paolo III Farnese, a cui non assomigliava per nulla: una recitazione distaccata e quasi crudele, fatta forse per bisogno di soldi.
Ma Peter O’Toole, irlandese cresciuto in Inghilterra a Leeds, Oscar alla carriera nel 2003, 90 film all’attivo, e decine di ruoli teatrali – fra cui un discusso Macbeth nel 1980 – era e rimane specialmente Lawrence d’Arabia, il film diretto da David Lean nel 1962, vincitore di ben sette Oscar. Alto, longilineo, biondo e dagli occhi azzurri, Peter-Lawrence diventò un’icona della storia del cinema. Si prese altre vittorie: nel 1964 divenne Enrico II nel film “Beckett e il suo re” accanto a Richard Burton, nel ’69 fu ancora Enrico II ne “Il leone d’inverno”, nel ’68 un professore in “Goodbye Mr. Hips”. Nel ’72 fu un nobile pazzoide ne “La classe dirigente” e nel 2006 un vecchio attore dissoluto – non lontano dalla sua vita di eccessi — in “Venus”.
Malato da tempo, dopo aver vinto un tumore nel passato, da un anno si era ritirato dalla carriera. «Lo faccio con gratitudine e con gli occhi asciutti», aveva detto con la consueta dignità. È morto a 81 anni il 15 dicembre, assistito dai suoi figli. Resta per tutti il leone elegante vestito di bianco sui cavalli arabi in Lawrence d’Arabia, un mito del cinema di sempre.