Addio Mazzacurati, poeta del cinema
Troppo presto. È il caso di dirlo. Carlo Mazzacurati se n’è andato. A 57 anni. C’era in programma, insieme a un comune amico sceneggiatore, una visita alle bellezze del Vaticano, ma lui ci ha lasciati prima del previsto. Quanto mi dispiace. L’uomo grande e grosso, timido e gentile, burbero solo all’apparenza come sono molti veneti, ha girato dei gran bei film.
Anche se lui non era tipo da star-system e lavorava nell’ombra: vedremo cosa ci riserva il suo ultimo La sedia della felicità, con Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando, Giuseppe Battiston, Antonio Albanese, che uscirà ad aprile.
Ma chi ha visto, ad esempio, Vesna va veloce – vicenda di un'immigrata dall’Est europeo –, La lingua del santo, fanta-thriller padovano con un tantino di umorismo, La passione – meraviglioso autoritratto dalle varie sottigliezze piscologico-narrative –, e il thriller “sui generis” La giusta distanza, avrà ancora delle sorprese dalla sua ultima pellicola.
Uno stile, quello rapido, più per accenni che per discorsi, attento a raccontare più che le solite storie pseudo-sociali della commediola nostrana, vicende vere proiettate alla speranza e al sogno, che resta inimitabile. Forse adesso che è scomparso, molti lo riscopriranno o lo scopriranno. Il tempo fa giustizia di tante inutili insulsaggini e tira fuori i piccoli-grandi poeti del cinema. Mazzacurati era uno di questi.