Addio ciliegi in fiore
Aprile 1945: l’esercito americano è sbarcato a Okinawa, ultima tappa dell’attacco alleato al Giappone. La risposta giapponese consiste in controffensive da terra, in attacchi aerei suicidi e nella sortita finale della task force della marina imperiale. Addio ciliegi in fiore, considerata come una delle grandi opere letterarie nate dalla guerra nel Pacifico, narra appunto la storia di quella sortita. Scritta a metà ottobre del 1945 da Yoshida Mitsuru, uno dei pochissimi superstiti dall’affondamento della corazzata Yamato, da tempo costituisce un piccolo classico in Giappone ed è stata da poco pubblicata in traduzione italiana per i tipi della Piemme. Il giovane guardiamarina concepì questo memoriale come “un requiem per i morti – commenta Eto Jun -, come una rappresentazione del teatro No in cui gli sventurati eroi Heike vengono appassionatamente evocati dalla terra dell’oblio e riproducono la scena della battaglia cui presero parte in modo così valoroso “. Quanto al linguaggio, è quello letterario bungotai, ancora in uso prima del 1945. Due le motivazioni addotte dall’autore per tale scelta: “La prima è che è difficile esprimere la gravità e l’emozione di un’esperienza estrema con la lingua di tutti i giorni. La seconda è che quando sei entrato nel vivo della battaglia e tenti di descriverla, il ritmo del “combattere” richiede probabilmente il tono che è caratteristico di questo linguaggio”. Emozionanti le pagine dedicate alla battaglia disperata e all’affondamento della corazzata. Malgrado ciò, “il tema principale del libro non sono tanto le bombe e i proiettili quanto la natura umana, non tanto la morte quanto la vita”. E neppure si rileva astio contro il “nemico”. Dominano, invece, il senso del dovere e della lealtà, i tratti di umanità, i ricordi, le speranze, i gesti di altruismo, i volti spesso infantili dei compagni votati come lui alla morte. Certi squarci di poesia rimangono impressi. Come quando, prima ancora della partenza per l’ultimo viaggio, durante una pausa delle esercitazioni, un marinaio di guardia della Yamato segnala una inaspettata, perché precoce, fioritura di ciliegi. Eccitati, i marinai si precipitano verso la murata. “Sgomitando per essere i primi della fila, afferriamo il binocolo, cercando di imprimerci nella retina l’immagine dei delicati boccioli, petalo per petalo. Radiosi e magnifici nella visuale sfuocata del binocolo, ci incantano con il loro fremito incessante. Fiori di ciliegio, oh fiori di ciliegio del Giappone: addio!”. Col rimorso dei sopravvissuti, Yashido Mitsuru tornò alla vita, chiedendosi come mai era toccato proprio a lui. “Ciò che mi ha diviso da tanti compagni di bordo e mi ha riportato ancora una volta alla luce del giorno, che cos’era? Basta con i pensieri! La morte non ha alcun rapporto con me. Quando l’avevo vicina, paradossalmente si ritraeva; solo quando si è vissuta la propria vita in pace e tranquillità si può affrontare la morte faccia a faccia. “Vivere una vita retta e sincera: non c’è altro modo per avere un confronto diretto con la morte. Fa’ di te stesso un recipiente vuoto. Fa’ di questo momento il punto di svolta verso una vita di rettitudine e generosità”. Alla Yamato, orgoglio della marina giapponese, e ai suoi 3000 sventurati compagni affondati con essa, Yoshida Mitsuru ha elevato un canto con un testo che a molti ricorda Pilota di guerra di Antoine de Saint-Exupéry perché, sebbene quest’ultimo non tratti di una battaglia navale, combina allo stesso modo azione e meditazione.