Addio cielo notturno
Uno spettacolo gratuito, impagabile e stupendo. Chi ha visto un cielo stellato, e tanti l’avranno fatto nella mitica notte di san Lorenzo, non può pensare che le future generazioni possano essere private di una tale visione celeste. Eppure il rischio, serio, c’è. Così anziché ricordare le parole della Genesi: “Fiat lux. E la luce fu”, sentiremo risuonare una sentenza emessa questa volta non dall’Eterno Padre, ma da milioni di uomini che hanno ordinato al cielo stellato di spegnersi. Sopraffatto dalla luce artificiale. Perché questo è il punto. “Si è sviluppata, soprattutto nei paesi più avanzati, una “pseudocultura” per gli esseri viventi: il dover illuminare tutto e tanto, anche dove non è necessario! “. È Paolo Candy, astronomo, che lo afferma nel libro Il cielo stellato patrimonio dell’umanità (ed. Travel factory) dove proseguendo dice: “Pare sia una corsa sfrenata all’esibizionismo, a farsi notare, anche da lontano, a manifestare senza ritegno la propria presenza invadente ed inquinante”. Ed enuclea una serie di effetti negativi dovuti alla troppa luce che sono in grado di stravolgere la vita dell’uomo, degli animali, delle piante della Terra. Come succede alle tartarughe che, abituate a muoversi in base alle stelle, vengono disorientate dalle luci, con conseguente deviazione del tragitto che può portarle alla morte. O come accade a centinaia di uccelli marini che in genere migrano di notte e che seguendo per errore le luci artificiali vanno verso la riva trovandovi la morte. Ma anche l’uomo ha subito un’alterazione del suo ciclo biologico fortemente condizionato dall’alternanza notte-giorno, oramai sconvolta dalla possibilità di allungare a 24 le ore “illuminate”. Per non parlare di quella profonda esperienza spirituale che innalza l’anima di fronte ad un cielo trapunto di stelle, quella sensazione di potersi elevare dalle vicende quotidiane che affossano a volte la nostra esistenza, quella capacità di “guardare oltre”, di prendere decisioni anche importanti per la nostra vita. Non ricorderei perfettamente una notte svizzera, altre esperienze trentine o africane se non fosse così. Ed anche se il cielo stellato può essere sempre dentro di noi non c’è dubbio che anche guardarlo dal basso in alto sia un vero e proprio privilegio. Di cui tutti comunque potremmo usufruire. “Il cielo stellato è stato ed è una fonte d’ispirazione per tutta l’umanità” recita la Dichiarazione dell’Unesco sulla riduzione degli impatti ambientali negativi che evidenzia come tuttavia “la sua contemplazione si è fatta sempre più difficile”, col risultato che “comincia oggi ad essere sconosciuto alle nuove generazioni”. Una situazione che ha spinto numerosi osservatori astronomici a sottoscrivere un appello all’Unesco e all’Onu perché avviino il procedimento per dichiarare il cielo notturno patrimonio dell’umanità. Un’idea che era emersa già nel 1992 durante un convegno dell’Unesco e dell’Unione astronomica internazionale, che nel 1999 aveva visto l’Onu raccomandare agli stati di limitare l’inquinamento da fonti luminose, ma che è stata ripresa con determinazione di fronte al pericolo di non vedere più le stelle entro il 2025. “Ciascuno di noi sarà più pripovero se l’accesso al cielo stellato non sarà possibile “, ha dichiarato il professor Derek Mcnally dell’Osservatorio astronomico di Londra. Ma si può realmente fare qualcosa? Sembra proprio di sì. Come propone nel libro citato Pierantonio Cinzano, direttore scientifico della sezione italiana dell’International dark-sky association, dal momento che non è possibile spegnere tutte le luci esterne, né rinunciare a costruire nuovi impianti, “quello che si dovrebbe fare è mettere un tetto, come si è fatto con la spesa sanitaria. Un tetto all’incremento annuo del flusso luminoso installato in ogni comune e un tetto all’incremento annuo dei consumi di energia elettrica per illuminazione esterna favorirebbero non “il buio” bensì una illuminazione più razionale e una diminuzione degli sprechi. Naturalmente a questi provvedimenti andrebbero affiancati quelli per evitare che il flusso, pur contenuto entro il tetto, venga disperso verso l’alto”. Un po’ come è avvenuto alla basilica di San Pietro, che da qualche anno usufruisce di un’illuminazione più soft ma che riesce a valorizzare meglio l’architettura con meno dispersione di luce. “Un esempio che andrebbe imitato” secondo Lucia Corbo, responsabile di Legambiente astronomia e della Commissione didattica dell’Unione astrofili italiani. Si tratta dunque di illuminare bene, non di restare al buio. SE GUARDASSIMO IL CIELO “Oggi il mondo colto, che vive prevalentemente nelle città, può sapere tanto di più di un tempo sull’Universo ma, vivendo sotto una cappa di luce, ha finito per perdere il senso del cosmo”. (Paolo Maffei, astronomo) “Non posso stare a guardare che il cielo stellato sparisca, non posso rassegnarmi che non sia più visibile dalla Terra. Sarebbe come vivere in casa con le finestre dipinte di nero!” (Paolo Candy) “Le stelle, diversamente da tutti gli altri oggetti, più si illuminano meno si vedono.Voi leggereste un libro con una lampada sugli occhi? Giriamo la lampada e permettiamo agli astronomi e a tutti di leggere il cielo” (Piero Angela) “Spegnendo le luci per poter guardare il cielo, ci si dovrebbe rendere conto di quello che abbiamo perduto in poesia e fantasia e, forse, in libertà. Le luci, le troppe luci artificiali, hanno fatto il buio dell’anima, perciò: “e quindi uscimmo a riveder le stelle””. (Mario Rigoni Stern, scrittore) “Il cielo è l’altra metà del paesaggio: sotto, il nostro pianeta; sopra, l’universo con il suo sconfinato scenario di stelle, nebulose, galassie. Non cancelliamolo. È la finestra che ci permette di guardare fuori”. (Piero Banucci, La Stampa) “Dallo spazio la Terra è bellissima, blu tra miliardi si stelle;ma la luce artificiale delle città, nella parte non illuminata dal Sole, arriva fin quassù”. (Roberto Vittori, astronauta) (Pensieri tratti dal libro Il cielo stellato patrimonio dell’umanità – Salvaguardare il buio notturno, (di Paolo Candy), ed.Travel factory.