Ad Atene a testa in giù
I tuffatori in Italia sono meno di trecento, e solo una ventina gareggiano in campo internazionale. Solo sei sono le piscine in cui potersi allenare durante l’inverno, periodo fondamentale, e… zero i guadagni a meno di conquistare almeno un oro continentale. Eppure loro non mollano, tanto meno in vista dell’appuntamento olimpico, l’unica vera grande ribalta per chi vola dal trampolino o dalla piattaforma. In una disciplina che non è riduttivo definire di nicchia e assai difficile in quanto ad esecuzione del gesto si può comprendere come a farla da padrone, oltre che a tener duro, siano le… dinastie dei tuffatori. Come i Dibiasi, con la dodicenne Elisa avviata sulle impegnative orme del padre Klaus, tre volte olimpionico. Anche Valentina Marocco e Brenda Spaziani, giovani speranze azzurre, sono figlie d’arte. Lo è soprattutto Tania Cagnotto, fresca campionessa europea dalla piattaforma di dieci metri. Suo padre Giorgio, commissario tecnico della nazionale, quattro volte sul podio in cinque Olimpiadi, otto tito li italiani, della figlia dà un giudizio particolare: Rivedermi in lei? Sì, un po’ mi assomiglia, ma in gara è più fredda. Io mi dicevo… o la va o la spacca. E talvolta spaccavo. Lei finora ha avuto una carriera molto più lineare. Ad Atene non credo sia da oro olimpico, ma a Pechino chissà…, conclude incrociando le dita, sapendo che le cinesi saranno le avversarie da battere, in agosto in Grecia, ma soprattutto a casa loro nel 2008. A decidere le sue aspirazioni al podio sono quelli che in gergo chiamano coefficienti di difficoltà, ovvero movimenti di particolare impegno che obbligano i giudici ad assegnare punteggi alti. Per Atene Tania sta lavorando per inserire nel suo programma il tuffo triplo e mezzo avanti carpiato anziché quello raggruppato. Se dal trampolino di tre metri, che trema, è più difficile emergere, essendo richiesto un equilibrio fuori del comune, nella piattaforma, specialità spettacolare ed affascinante, occorre avere coraggio, ma tutti partono dalle stesse condizioni. Tania ha dimostrato agli Europei di Madrid che il coraggio di buttarsi a testa in giù da dieci metri non le manca. Certamente lo ha ereditato dalla madre, Carmen, la sua prima allenatrice, anch’essa una campionessa con i suoi cinque titoli tricolori. Sì, ha il coraggio della mamma: per me la piattaforma era troppo alta ammette papà Giorgio . Tania guardava la mamma con ammirazione fin da piccola e si tuffava da qualunque posto. Un coraggio che in famiglia può definirsi genetico: il nonno materno fu con Dibiasi uno dei pionieri dei tuffi in Italia. Già nel ’32 si tuffava nel torrente Talvera a Bolzano vera culla dei tuffi nel nostro paese. Anche la vita sportiva di Tania, nata nella città altoatesina, è cominciata a quello che lì chiamano il Lido, la piscina cittadina, anche se il primo tuffo, sotto gli occhi allibiti del padre lo fece a un anno… nella vasca dei pesci rossi dell’Acquacetosa a Roma, davanti alla quale l’avevano lasciata sola un attimo. Diventerà una tuffatrice profetizzò il papà, ripescandola. A soli tre anni a Chianciano si tuffò davvero per la prima volta. L’oro di Madrid l’ha consacrata ai massimi livelli, ma soprattutto le ha dato molto in sicurezza: Ora so che posso davvero giocarmela a livello mondiale spiega convinta . Nei tuffi non è come nel nuoto: basta che sbagli un avvitamento e salta tutto. Bisogna saper mantenere la concentrazione per essere perfetti. Infatti solo un’inesauribile ricerca della perfezione stilistica, e niente di meno, può portare in alto in questa disciplina. Ad Atene, oltre a Cagnotto, Mazzocchi, Del l’Uomo e Marocchi vedremo in gara un’altra splendida realtà dei tuffi azzurri: la famiglia Marconi, un’altra dinastia, stavolta espressa in senso orizzontale da due fratelli, Tommaso e Nicola, ed una sorella, Maria. Sessantasei anni in tre, ma una bache ca di casa che ospita già quattro ori, un argento e tre bronzi continentali, qualcosa più che semplici promesse. I ragazzi della Premiata Tufferia Marconi, allenata dal tecnico Domenico Rinaldi, non si cimentano solo nei tuffi individuali, ma hanno acquisito, in soli tre anni, una particolare affinità stilistica conquistando successi nei tuffi a due, sincronizzati, altra specialità di particolare spettacolarità. Eppur d’inverno sono costretti per settimane a tuffarsi… sui materassi di gomma di una palestra. La carenza di piscine attrezzate rimane il problema fondamentale spiega con una certa amarezza l’indimenticato Klaus Dibiasi, oggi consigliere federale . I risultati del nostro bel gruppo di giovani ci ripaga di tante delusioni. Possiamo cominciare un ciclo, ma ci vogliono risultati così per elevare il morale, per sostenere la passione che è l’unica cosa che ci muove. Come giustificare altrimenti l’impegno di questo pugno di ragazzi e ragazze che si allenano quotidianamente 6 ore in piscina ed una in palestra, eseguendo una media di 70 tuffi al giorno?