Ad Alba un cinema “della speranza”

Vuk Janic, di Sarajevo, interroga Dio in tre storie di angoscia e di speranza (Lettere a Dio). È il dolore e l’amore in tre racconti su bambini, che porta a chiedersi e a chiedere all’Assoluto, più che di adorarlo, se egli esista e sia amore. È il primo documentario della serie “I dieci comandamenti”, produzione olandese affidata a dieci cineasti diversi per origine e cultura: evento speciale di una rassegna, l’Infinity Festival. Nato non solo dalla passione per il linguaggio della settima arte, ma anche dalla ricerca di esprimere il senso “spirituale” dell’uomo d’oggi. Un cinema – come sottolinea Luciano Barisone, direttore del festival – che mira a cogliere “la dimensione religiosa in sé, un percorso di ricerca sull’uomo attraverso quelle opere che indagano la dimensione verticale dell’esistenza”. Una rassegna coraggiosa, per la volontà di far conoscere nell’universo cinematografico voci che affrontano in modo diverso tematiche impegnate, con soluzioni né facili né scontate, ma con sotteso un lume di speranza. Centotrenta lavori, molti autori presenti alla rassegna, nel clima amichevole della moderna Fondazione Ferrero che dà luce ai rapporti, fa nascere amicizie: fuori, intanto, pioverà per tutta la settimana… La giapponese Naomi Kawase, 33 anni e già vincitrice della “Camera d’Or” a Cannes nel ’97 con Suzaku, a cui è dedicata un retrospettiva, dichiara, minuta ma decisa:” Per me la cosa più importante non è il cinema in sé, ma la vita… Gli esseri umani possono vedere, sentire, pensare: ma il cinema ci fa comprendere che ci sono cose che non si possono vedere, sentire, pensare: la nostra sfida è riprodurre tutto questo”. Naomi ci prova: il Luna bianca del ’93 o il recente Lucciole (2000) filtrano poeticamente affetti e sentimenti in storie diversificate dove si ricerca l’autenticità e la purezza. Fortemente drammatico è invece Ogni giorno Dio ci bacia sulla bocca del rumeno (di formazione) Sinisa Dragin: storia di un assassino che, sopraffatto dai suoi i delitti, chiede a Dio di morire: ma Dio non l’accontenta, perché “ha altri progetti su du lui”. Un lavoro duro, esasperato, ma percorso da una straordinaria tensione alle ragioni ultime della vita di grande suggestione. Così è di Blatnoi Mir (Mondo di ladri) del finlandese Jouni Hiltunen: racconto di ergastolani in Russia, tre uomini che cercano ragioni diverse per continuare, vivendo, ad oltrepassare un passato che segna i loro corpi tatuati. Vincitore del festival l’argentino Solo per hoy (Solo per oggi) di Ariel Rotter, 31 anni: commedia drammatica su cinque giovani in cerca di senso, un richiamo all’oggi di una generazione che attraverso chiacchiere, incontri, amori cerca il legame autentico con la vita. A questo proposito, sono emersi due film di cineasti diversificati ma accomunati dalla medesima esigenza di verità. L’americano The man songs of Fernanda Hussein (Le folli canzoni di Fernanda Hussein) del newyorkese John Gianvito e l’iraniano Al chiaro di luna di Reza Mirkarimi (Menzione speciale). Il primo vede il deserto messicano di Santa Fé metafora di tre vite segnate dal dolore, in una società conformista: un giovane pacifista, una donna dal cognome scomodo, un reduce dalla guerra del Golfo. Il secondo è la crisi religiosa di un seminarista musulmano, superata grazie all’incontro con la fede dei diseredati di Teheran: tracciato con mano delicata sul problema della “vocazione”, come forse noi occidentali non sapremmo più fare, è la ricerca del volto autentico di Dio, oggi. Ma, fra tante pellicole, ne è stata ammirata una che forse racchiude, nella sua esemplarità, il disegno sotterraneo dello stesso festival: cioè l’invito alla speranza che è, come ammette Barisone, “ciò che ci tiene in vita insieme all’amore “. Si tratta di The Zookeeper (Il guardiano dello zoo) di Ralph Ziman, anno 2001, un delicato capolavoro su un anziano custode, poeta, che, in una guerra immaginaria in una città dell’Est europeo, protegge gli animali ma anche donne e bambini perduti nell’odio. Un film sull’amore alla vita, anche quando la morte sembra avere la meglio. Questo è sembrato il percorso di rara intensità del festival sull'”infinito”, di cui ovviamente si attende una prossima edizione. Resta una domanda (ed un augurio): riusciranno almeno alcuni di questi film così autentici ad arrivare nelle nostre sale, per scuoterci dal grigio che ci sta addormentando la coscienza? I PREMI DELL'”INFINITY FESTIVAL” La giuria, presieduta da Jerry Schatzbnerg (Usa) e composta da Vibeke Windelov (Danimarca), Fabrizia Sacchi (Italia), Michel Demopoulos (Grecia), Philippe Faucon (Francia), si è così espressa: Premio “Albacinema” miglior film: Solo per hoy (Argentina); Premio “Albacinema” per la regia: Ogni giorno Dio ci bacia sulla bocca (Romania), per la produzione a Mondo di ladri (Finlandia). Menzione speciale: Al chiaro di luna (Iran) e La traversata (Francia). L’Associazione “per il festival del cinema spirituale” è nata il 2.3.2001 ed ha sede a Torino in via F. Bocca, 15 (tel. 011/ 8987185). Presidente Paolo Pellegrini, direttore del festival L. Barisone. La rassegna è stata, fra gli altri, promossa da Cei, Acec, Fondazione Ferrero, Regione Provincia e Comune.

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